E adesso Palermo chieda scusa al nostro Eugenio Corini

E adesso Palermo chieda scusa al nostro Eugenio Corini

Una squadra che va. Un bravo mister. E certi giudizi fuori misura.
IL MEA CULPA NECESSARIO
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E adesso Palermo chieda scusa al nostro Eugenio Corini. Al nostro Capitano innamorato, simbolo di un tempo glorioso. A questo ragazzo solo un po’ invecchiato, legato ai colori rosanero. A questo signor professionista che è rimasto impassibile a prendersi le torte in faccia, tanto sapeva che avrebbe dimostrato tutto sul campo. Come sempre.

Certo, la critica. Certo, il Palermo balbettante di inizio stagione. Ma era un balbettio, dopo le dimissioni di Baldini, comprensibile, nell’incertezza di un passaggio traumatico. Chi ha criticato ha fatto il suo mestiere di opinionista, di tifoso, di amante di colori. Tuttavia, troppi sono andati oltre, con un’acredine difficile da immaginare. E hanno messo in discussione perfino il passato del ‘Genio’, al centro del progetto di uno squadrone indimenticabile e nel cuore di chi ama Palermo e il Palermo. E adesso, dunque, quella fazione malmostosa e petulante chieda scusa al nostro Eugenio Corini. Nostro, di quelli che hanno occhi per vedere, ma non dimenticano il valore dei sentimenti e di una storia.

E’ molto piaciuto a tutti il galà rosanero visto contro i capoclasse del Frosinone. Una squadra schierata con sagacia tattica, finalmente in grado di esprimere una migliore qualità dei singoli che, semmai, lascia un po’ di amarezza per il di più che avrebbe meritato. Dietro c’è la mano di uno che sa fira, come dicono in Trentino. Che può azzeccarci o sbagliare, come tutti, ma che ha un’idea precisa, corroborata dalla fiducia. Tanto è vero che, nei giorni grami, confidava agli amici più fidati: “Vedrete”. E una lode specifica merita la società che non ha ceduto al mormorio del popolo non tifante, confermando il nocchiero.

C’è, infatti, una Palermo che tifa (e giustamente critica), una Palermo che ama il Palermo e una che, sotto sotto, confida nel fallimento, nel calcio come nella vita di ogni giorno. Perché tanto masochismo? Perché ci sono alcuni palermitani – appunto, non tifanti – che gradiscono più di ogni altra cosa la litania catastrofica, la lamentela, la chiosa al disastro. Si riempiono gli occhi dello sfascio – con una soddisfazione pari al tafazzismo – e ci restano male quando le cose vanno bene. Per ora, stanno nelle retrovie, pronti a scattare alla prossima sconfitta. E’ una attitudine che non chiama in causa il giudizio – severo, se è il caso – bensì la voglia di darsele continuamente in quel posto, proprio come Tafazzi. Li avevamo già colti in fallo.

Ma poi c’è una Palermo che sa costruire, per cui il pallone è soltanto uno dei tanti nomi di una bellissima speranza. Per questa città, in grado di sognare e di rimanere con i piedi per terra, Eugenio Corini, il nostro mister e Capitano, rappresenta un esempio di serietà e dedizione alla causa. Gli altri si mettano in fila. E chiedano scusa. (Roberto Puglisi)


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