E Scilabra disse:| "Io a Berlusconi lo ammazzerei" - Live Sicilia

E Scilabra disse:| “Io a Berlusconi lo ammazzerei”

"Nella vita a un certo momento arriva il coraggio" dice Giovanni Scilabra al processo Dell'Utri. Così, a 72 anni, l'ex direttore della banca dei Cassina, decide di dire le sue verità e attacca a testa bassa l'ex premier.

Processo Dell'Utri, il verbale
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Silvio Berlusconi

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PALERMO – “Lo posso dire che se io potessi l’ammazzerei, fisicamente? No, m’arrestassi, che vuole che le dica, io a Berlusconi lo ammazzerei…”. Giovanni Scilabra, ex direttore generale della Banca di Palermo, parla ai pm di Palermo senza mezzi termini. Ha spiegato, deponendo al processo Dell’Utri, di essere stato mosso da una passione civile che lo ha colto, perché “nella vita a un certo momento arriva il coraggio”. Per questo ha deciso di cercare un giornalista a cui raccontare di quando alle sue poltrone si sono seduti Vito Ciancimino e Marcello Dell’Utri. Sentendosi anche un diniego da Il Sole 24 Ore.

La banca. Nel verbale del 29 ottobre 2010, di fronte ai pm Antonio Ingroia, Nino Di Matteo, Lia Sava, Paolo Guido, Scilabra ricostruisce la sua carriera alla Banca Commerciale Italiana come capo ufficio di Palermo per poi passare nel ’74 alla Banca Popolare di Palermo, che navigava in cattive acque finanziarie, dietro la pressante richiesta del conte Arturo Cassina. “Metteva i danari – dice il banchiere – D’Agostino metteva i danari, i calzaturieri Spatafora mettevo i danari e un certo signor onorevole monarchico Guttadauro non metteva i quattrini e comandava la banca”. Quel Guttadauro che Scilabra apostrofa come “mafiusazzu”, perché aveva portato in banca Michele Greco, il “papa” della mafia. Fatto denunciato anche alla Banca d’Italia.

L’incontro. “Nell’86 un bel giorno il cavaliere Cassina mi chiama e mi fa: ‘Dottore Scilabra, mi può usare una cortesia? Deve ricevere Vito Ciancimino che verrà con un signore di fuori… che ha delle richieste da fare (…) e si presenta con il signor Marcello Dell’Utri”. Il banchiere non lo conosceva e “si presentò dicendo che lui lavorava per un grosso imprenditore del Nord”. La richiesta era di riunire 20 “popolari” per fare un’operazione da 20 miliardi con “interessi pagati in maniera sostanziosa” in 36 mesi. Ciancimino “agiva diciamo da mediatore (…) a patrocinare l’operazione”, mentre Dell’Utri fungeva da “consulente del gruppo Berlusconi”. Un’operazione “a babbo morto” come la definisce Scilabra che contatta altri direttori di banca di Carini, Canicattì, Ragusa e Augusta. Poi chiede alla Centrale rischi dalla Banca d’Italia una valutazione sulla Fininvest e “il centrale rischi mi disse che i rubinetti al nord li avevano un po’ chiusi”. Un documento, quello di Bankitalia, “particolare che poi mi pare che ogni dieci anni vengono distrutti”. E lui, Scilabra, ha tenuto la documentazione? Il banchiere risponde negativamente e fa riferimento a Vito Ciancimino – “dottore, pericoloso era l’individuo, più lontano stava e meglio era” – per cui non ha lasciato traccia.

L’articolo. I magistrati chiedono a Scilabra il motivo per cui le sue dichiarazioni siano arrivate con così tanti anni di ritardo. E lui risponde per dare “battaglia contro sti mascalzoni”. L’occasione è l’incontro con Giuseppe Oddo, giornalista de Il Sole 24 ore, che gli propone un’intervista sulla “cose siciliane”. “Riotta gli ha detto ‘in questo momento non è possibile’, con una nota riservata confindustriale, e le ho detto tutto. Allora m’incazzo io e dico beh, allora, siccome io sono una persona perbene e voglio al verità a 72 anni, io stu babbiu avi a finire”.

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