Elena Del Pozzo, le incongruenze nel depistaggio della madre

Elena Del Pozzo, le incongruenze nel depistaggio della madre

Udienza incentrata sulle testimonianze dei carabinieri, oggi, al processo a carico di Martina Patti, in Corte d’assise.
IL PROCESSO
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CATANIA. “Ha dichiarato che la bimba era stata trascinata fuori dalla macchina dai rapinatori, ma che si trovava nel sedile di dietro di una 500. Com’era possibile che la madre non avesse un graffio?”. È una delle incongruenze del primo racconto ai carabinieri di Martina Patti, la mamma che il 14 giugno 2022 uccise la sua bambina, la piccola Elena Del Pozzo.

A parlarne oggi, nella deposizione dei primi quattro testimoni dell’accusa – tutti carabinieri che svolsero le prime indagini su quella che all’inizio era sembrata una scomparsa, un sequestro di persona – è stato uno dei militari che raccolsero il primo racconto della madre. È entrato nel vivo oggi il processo a carico della giovane, che è difesa dagli avvocati Gabriele Celesti e Tommaso Tamburino. Si celebra dinanzi ai giudici della Corte d’assise di Catania, presieduta da Sebastiano Mignemi. In pratica il carabiniere si è concentrato su questa fase del fantomatico rapimento, inventato di sana pianta dalla madre per provare a depistare le indagini.

L’accusa è sostenuta dal procuratore aggiunto Fabio Scavone e dalla pm Assunta Musella. In aula è presente anche la parte civile, ovvero la famiglia del papà della piccola. La madre avrebbe riferito che la bimba si trovava nel sedile di dietro quando i rapinatori sarebbero arrivati, avrebbero minacciato la madre dando la colpa al suo ex marito e poi l’avrebbero portata via.
Solo che in quella macchina a tre porte, per far uscire la bimba dal sedile posteriore, i rapinatori avrebbero dovuto alzare il sedile anteriore di destra e trascinarla fuori. E il tutto senza che la madre reagisse e si ferisse, neanche per sbaglio. La giovane poi ha confessato.

L’altro particolare importante ricostruito in aula, poi, riguarda le ore che precedettero il delitto, quel maledetto giorno. I carabinieri sostengono che Martina Patti avesse già di mattina scavato la fossa dove avrebbe poi nascosto il corpo di Elena, prima ancora di ucciderla. È ovvio che questo particolare non è da poco, specie in relazione alla possibile premeditazione del delitto, che è contestata dall’accusa.

Premeditazione che ovviamente viene contestata dalla difesa. Martina Patti, come detto, ha confessato l’omicidio ma non ha fornito valide spiegazioni. Tant’è che l’accusa sostiene che si sia trattato di un gesto dettato da odio e una morbosa gelosia nei confronti del suo ex e della nuova compagna di lui. Con quella donna, la piccola Elena, era stata socievole, si era divertita e si era trovata bene.

Dopo il barbaro omicidio, si ricorda, Martina Patti seppellì il corpo della figlioletta in campagna, sotterrandolo in un terreno abbandonato. Poi inventò di sana pianta la storia del sequestro, presentandosi dai carabinieri. Dinanzi alle contestazioni, però, finì per crollare e indicare la zona dove aveva seppellito il corpo. In aula si tornerà adesso il prossimo 14 luglio.


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