Fragalà e la cava dei misteri - Live Sicilia

Fragalà e la cava dei misteri

Pasquasia, l'intreccio
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Prendete una storia e ambientatela in Sicilia. Popolatela di mafiosi, servizi segreti, funzionari integerrimi e cose che non tornano. Questa è la storia della miniera di Pasquasia, entrata nel filone di indagini che cerca di dare un volto e un perché alla morte di Enzo Fragalà. Gli investigatori dei carabinieri sono andati a sentire Antonio Condorelli, ex direttore del freepress “Sud”, che lo scorso dicembre ha pubblicato una lettera inviata da Fragalà all’allora vice ministro per il Commercio con l’estero, Adolfo Urso. Un “nodo importante” secondo il giornalista, proprio come l’impegno del penalista per la riapertura e la riqualificazione della miniera dell’Ennese, avvolta da una cortina grigia di misteri, ancora irrisolti.

A cominciare dal motivo per cui, nel 1992, è stata chiusa, nonostante rendesse tanto: l’80 per cento della produzione di sali potassici dell’Italkali, terza fornitrice mondiale della materia. Allo stesso tempo irrompe sulla scena il pentito Leonardo Messina – operaio in quella miniera – che, con le sue dichiarazioni, introduce il sospetto che il sito sia stata utilizzata da Cosa nostra per nascondere rifiuti nucleari provenienti, verosimilmente, dalla Germania dell’Est. Un sospetto che già girava fra gli abitanti. Nel 1977, infatti, Pasquasia viene inserita nella lista europea dei siti idonei a contenere rifiuti radioattivi. Perché lì si trova sia l’argilla che il salgemma, due “barriere” naturali capaci di isolare le scorie. Così l’Enea (il fu Ente nazionale per l’energia atomica) a metà degli anni ’80 fece dei sondaggi, scavando una galleria profonda quasi 50 metri che fu poi sigillata. Secondo il pentito Leonardo Messina, in quel periodo uomini del Sisde (il servizio segreto civile) avrebbero cercato contatti per stipare materiale militare.

Il collaboratore di giustizia, non è l’unico a pensarla così. Sono stati fatti diversi sondaggi, infatti, come quello dell’oncologo Maurizio Cammarata che, nel 1997, svelava come nella provincia di Enna i tumori fra ’95 e il ’96 erano cresciuti del 20 per cento. Rispetto alla densità di popolazione, si moriva di più di tumore a Enna che a Milano. E poi c’era quella presenza di ‘cesio 137′ in concentrazioni superiori alla norma. Il che è possibile in zone in cui si sia verificata un’esplosione o in presenza di reattori nucleari. Ma siamo a Enna, zona non proprio ad alto tasso di industrializzazione.

Sempre nel 1997 la procura di Caltanissetta, guidata da Giovanni Tinebra, avvia le indagini che archivierà nel 2003. “Ho pubblicato un documento della procura in cui si evinceva che fu fatta una bonifica dalla radioattività nella zona – racconta Condorelli – qualcuno deve dirci cosa c’è là dentro, qualcuno ha mentito, come fa ad esserci attività radioattiva?” si chiede riferendosi alla miniera di Pasquasia. Ed ecco l’ipotesi, “giornalistica” tiene a sottolineare. “L’impegno di Fragalà, con le sue interrogazioni parlamentari, per la riapertura e la riqualificazione della miniera è stato intenso. Non riusciva a capacitarsi del motivo di pagare stipendi a operai che non lavoravano. In contro mettiamo che c’è un appalto da 100/180 milioni per la riqualifica. Nell’ultima fase della sua vita Fragalà ha fatto cose importanti, come la lettera a Urso che invitava a presenziare a un consiglio straordinario della Provincia di Enna sull’argomento. E la scelta di Urso non era a caso, perché un politico sganciato dalla regione. Tra l’altro la sua casa di Acicatena la scorsa estate è stata messa sottosopra. E non si è riuscito a capire chi è stato. Secondo me, se mettiamo il delitto Fragalà in relazione a questo caso, lui ha pagato per aver fatto il suo dovere, per la posizione di chiarezza che aveva preso e per l’impegno che ci metteva. Ma – conclude – non è il mio ruolo cercare il colpevole, siamo sempre nell’ambito della ricostruzione di un contesto”. Dove due anni fa l’attuale procuratore di Caltanissetta, Sergio Lari, ha risposto picche alla Provincia di Enna che chiedeva di conoscere gli atti nel fascicolo opponendo il segreto. Previsto da una norma del 2008 sullo stoccaggio – appunto – dei rifiuti.


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