Funerali di Taormina a Palermo: "Violenza, l'esercito non basta"

L’addio a Paolo, Lorefice: “L’esercito non basta contro la violenza” VIDEO

Le parole dell'arcivescovo di Palermo alle esequie

PALERMO – C’è uno stato d’animo comune fra coloro che affollano la cattedrale di Palermo per l’ultimo saluto a Paolo Taormina ed è lo smarrimento. Smarrito è lo sguardo di mamma Fabiola, papà Giuseppe della sorella di Paolo, Sofia, e del fratello Mattia. Guardano in lacrime un punto indefinito sull’altare.

La bara bianca

Smarrita, sperduta è ogni logica di fronte alla bara bianca di un ragazzo di 20 anni assassinato con un colpo di pistola alla nuca in un pub. “Il sommo della ragione provoca mostri”, e i mostri abitano le nostre vite.

Non ci sono risposte, ma è forse una chiesa il posto adatto per cercarle. Luogo della fede, che per chi crede è speranza di una vita oltre la morte terrena. È il luogo della comunità riunita nella speranza che non si debbano piangere altre vittime innocenti. Il luogo degli amici di Paolo che lo hanno salutato con uno striscione e che hanno applaudito il feretro al suo ingresso in Cattedrale.

“Dolore inconsolabile”

“Un dolore inconsolabile. Un urlo che arriva fino al Cielo. È assurdo che un figlio venga rubato ai genitori, alle sorelle, ai fratelli, agli amici. Alla sua attività lavorativa. Alla comunità cittadina – dice nell’omelia l’arcivescovo Corrado Lorefice -. Ecco, siamo qui, raccolti e chiamati da Paolo. Chiamati da questo nostro caro giovane che è stato ucciso. Chiamati dai figli di Rachele, chiamati da Abele, da tutti gli uccisi dalla violenza omicida”.

“Non abbiamo parole”

“E non abbiamo parole – prosegue -. Perché di fronte al dolore abissale e inspiegabile, le parole non sono nulla. Gli amici di Giobbe, come si legge nella Bibbia, che provano a giustificare la catena di disgrazie cadute addosso al loro povero compagno, mettono in scena una parodia della giustizia, una inutile difesa di Dio, di fronte alla quale Giobbe ricorda loro il rispetto che si deve al dolente. E questo rispetto è fatto di prossimità e di silenzio. Siamo vicini. Sgomenti. E nel silenzio proviamo a comprendere una goccia dello strazio di voi genitori, parenti, amici, della città tutta”.

L’omelia dell’arcivescovo di Palermo

Lorefice ricorda che c’è stato “un altro innocente, ucciso su una Croce. Un uomo che come Paolo è morto giovane. Un uomo che amava la vita, l’amicizia, i banchetti, la strada. Uno che ha sentito e guardato la vita con gli occhi di Dio e ci ha raccontato che Dio è nel povero, nell’indigente, nell’innocente violato e ucciso. Che Dio, in Lui, è per sempre sulla croce, a rivelare l’ingiustizia e la follia dei carnefici sulle vittime. A dirci che la vita di una sola donna, di un solo uomo vale l’infinito e non può essere sacrificato da chi ritiene che i morti siano danni collaterali e che uno in più, uno in meno, non fa differenza: disumana follia dei violenti e dei potenti per i quali verrà il giudizio di Dio”.

Le parole rivolte ai genitori di Paolo Taormina

“Nessuna parola in più. Solo uno sguardo a Paolo e uno sguardo alla Croce – aggiunge -. Carissima mamma Fabiola e papà Giuseppe, carissima Sofia, carissimo Mattia, carissima Desirée (è la fidanzata di Paolo ndr): non so se posso dirvi altro – prosegue -. Piango e con voi rivolgo al Signore la domanda terribile che urla nei vostri cuori: perché? Lo so”.

Già perché, “non ci sono parole che consolano. C’è un urlare assieme al cielo. E alzando lo sguardo al cielo incontriamo lo sguardo di Cristo in croce. Ai suoi piedi, una madre, gli amici, i vicini. E dopo aver guardato il volto di Cristo crocifisso e di sua madre, torniamo a guardare Paolo, a guardare voi che siete i suoi genitori, i suoi parenti, voi che siete i suoi amici. Ecco, nella disperazione, nell’urlo levato verso il cielo, c’è un filo di luce”.

E ancora: “Viene dallo sguardo di Gesù e di sua madre Maria. Loro sono con voi. Paolo non è scomparso, non è finito nel nulla. Certo, pur invisibile, egli continua a vivere in modo cocente e straziato nei vostri cuori, ma sappiate che egli vive anche nel cuore di Cristo”. Il Cristo risorto che “ci rigenera alla vita. Annienta la stupidità dell’odio e della violenza”.

Lorefice: “La violenza sembra inestirpabile”

L’arcivescovo tocca le corde del degrado sociale: “La violenza sembra, lo diciamo con tristezza, inestirpabile. Passano i secoli, Dio ci parla, si mostra in forma di uomo, muore in croce, annientato dalla violenza. E perdona. Ma si continua ad uccidere. Nessuna motivazione rende legittima l’uccisione di un uomo. E piangendo per Paolo piangiamo per tutti i morti, uccisi dalle guerre, dalla mafia, dalla violenza, dal narcisismo delirante, dal culto della forza virile”.

“Basta violenza”

C’è un altro sentimento nelle pieghe delle nostre coscienze e che va allontanato: “La giustizia deve fare il proprio corso, in quanto la realtà dei fatti va appurata, rispettata e chiamata per nome. Ma scacciamo dal nostro cuore la voglia di uccidere Caino. La cattiveria e la violenza non giustificano nessuna risposta altrettanto violenta. Vale per la nostra Palermo e vale per la casa comune, la terra sulla quale dobbiamo vivere sempre come ospiti e mai come proprietari. Il riscatto non verrà da altra violenza, ma dal levarsi del desiderio di pace e di giustizia nella vita e nel cuore dei palermitani”.

“Non bastano gli eserciti…”

Lorefice lancia poi un messaggio: “Non sono gli eserciti, non sono le forze di polizia, col loro pur encomiabile servizio, a cui siamo gratissimi, che potranno estirpare la violenza omicida. Possiamo essere solo noi, insieme. Può essere solo Palermo tutta a mettere fine alla spirale della violenza, attingendo alle sue energie interiori, alla sua storia, alla sua umanità. Come scrivevamo con il carissimo arcivescovo di Monreale, monsignor Gualtiero Isacchi: ‘Non si tratta solamente di presidiare e mettere a soqquadro i quartieri a rischio o i luoghi della movida, bensì di essere presenti tutti e insieme, a cominciare dalle Istituzioni civili, militari, scolastiche, religiose, con una ‘politica’ della cura dei cittadini più fragili. Fragili per mancata equa destinazione di beni (lavoro, casa, pane), per accesso alla cultura, per opportunità occupazionali e di crescita umana e spirituale. Essere presenti nelle vicende lieti e tristi che si vivono nelle case, nelle strade, nei quartieri. Abbiamo bisogno di rivedere le nostre politiche sociali, urbanistiche, di sviluppo culturale ed economico. Le nostre scelte religiose che tradiscono Dio e il suo sogno se restano prigioniere dei luoghi di culto e delle sacrestie’. Paolo risorgerà, erediterà la vita e la comunione eterna”.

“Tutti i morti, tutte le vittime rimangono vive nel cuore di Dio e nel cuore di coloro che hanno amato ed amano – aggiunge -. Basta violenza. Basta uccisioni. La morte, se non è ospitata da un grembo di accoglienza e di perdono, genera altra morte. Perché solo l’amore dà senso alla vita. Speriamo con tutte le nostre forze che il dolore per il male operato e il pentimento convertano e facciano rinascere tutti gli operatori di violenza nella città e nella casa comune, ferita da un insensato sfruttamento delle risorse, da conflitti e guerre”.

Appuntamento allo Zen

Lorefice, infine, ha dato appuntamento a tutti a sabato sera, alle 21, allo Zen. “Facciamo una ‘movida alternativa’, ci vediamo allo Zen non armati di armi ma dell’amore di Paolo – ha concluso -. Ci vediamo davanti al piazzale della chiesa di san filippo Neri”.


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