Quel luogo in cui Falcone e Borsellino sono ancora vivi

Quel luogo in cui Falcone e Borsellino sono ancora vivi

Ci siete mai stati? Ecco dove potete trovare Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
23 maggio 1992
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3 min di lettura

Caro Dottore Falcone e caro Dottore Borsellino, come state? No, niente confidenze. Niente ‘Giovanni e Paolo’. Quando eravate in vita, probabilmente, non avreste apprezzato e, se vogliamo considerarvi vivi, come in effetti siete, bisogna trattarvi da tali.

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E che siate vivi è una evidenza che risalta nel bunkerino, a Palazzo di giustizia, dove ci sono le vostre cose, i vostri respiri e i vostri sguardi. Le cose, sì, che sono un prolungamento delle persone da cui sono state toccate. Ogni oggetto, per quanto apparentemente insignificante, può recare l’impronta digitale di un’anima. Ed eccovi qui, tra la papere del Dottore Falcone, le carte del Dottore Borsellino, i ritagli di giornali, i documenti, le penne e le matite: tutta la normalità che si trasforma in cocente rimpianto, quando scocca il minuto dell’addio.

Questo luogo, voluto dalla giunta distrettuale dell’Associazione Nazionale Magistrati, ha una voce narrante che ha rimesso insieme i pezzi degli uffici come erano e che, con il suo racconto quotidiano ai visitatori, rende vivo ciò che abbiamo smarrito: il senso profondo della memoria.

E’ la voce di Giovanni Paparcuri che si salvò a fatica dalla strage in cui morì Rocco Chinnici e fu arruolato proprio da voi, Dottori Falcone e Borsellino, che ne intuiste (e già conoscevate) le preziosissime qualità da instancabile e leale collaboratore. Giovanni – o ‘Papa’, come lo chiamavate – la guerra l’ha combattuta davvero e ne è stato inumanamente ferito. Eppure, ogni giorno, apre la sua fantastica bottega e accoglie coloro che arrivano, ‘cazziando’, come è corretto che sia, i convenuti in tenuta da turisti al safari. Perché “Dai Dottori Falcone e Borsellino si viene vestiti decorosamente”. E’ una voce che ferma il tempo e lo riporta indietro, come se voi foste sempre in mezzo a noi, spiegando le cose che furono sfiorate dalle persone. Tante cose.

Il bigliettino d’amore che la Dottoressa Francesca Morvillo scrisse al Dottore Giovanni Falcone. Le succitate papere in miniatura, collezionate dal Dottore Falcone, che il Dottore Borsellino proditoriamente sottraeva, nascondendole. Seguiva il bigliettino di prammatica: “Se la papera vuoi trovare, cinquemila lire devi lasciare”. La matita della Dottoressa Morvillo. Le foto. Tutto un girotondo di immagini normali che riportano l’esistenza che venne spezzata e che causa un aumento del dolore. I miti che muoiono provocano già una erosione. Se scopri che erano bellissimi esseri umani, impastati della nostra stessa creta, il lutto assume caratteristiche intime e familiari. A ben pensarci, tra le stanze e le ombre c’è molto altro…

La cena che il Dottore Falcone e la Dottoressa Morvillo non consumarono la sera del 23 maggio, per la circostanza indesiderata di essere morti. Il cuore spezzato di chi voleva proteggerli e non riuscì a salvare se stesso. Le carezze che il Dottore Borsellino smise di apporre sulle guance dei suoi figli, per abituarli all’addio. E poi ci sono le lacrime di chi entra ed esce distrutto, perché troppo forte è l’emozione. E, in ogni lacrima, c’è una eternità che non tramonta, che aspetta nuovi o vecchi ingressi. Ci saranno ancora carezze, sguardi e speranze. Ma adesso già scende la sera. Buonanotte, Dottore Falcone. Buonanotte, Dottore Borsellino.


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