Il vino, Schifani, Musumeci... Savarino: "Che amarezza"

Il vino, Schifani, Musumeci… Savarino: “Che amarezza”

Parla la grande esclusa dalla giunta. Ecco che cosa è successo.

“Sono amareggiata, dal punto di vista umano. Ecco, non mi faccia dire di più. Io non ho mai fatto un discorso di vantaggio personale, ma di utilità alla comunità. Ho esperienza, ho avuto un lusinghiero risultato elettorale… Ma non voglio dire di più, davvero, perché i ragionamenti politici non si fanno a caldo. Ci sarà tempo e io penso alla Sicilia, alla provincia di Agrigento, non a me stessa”.

Giusi Savarino dice, appunto, poco, cioè, in effetti, tutto. Perché quello che si intravvede è l’esito, ovvero i cocci, della sfida sulla giunta che ha visto entrare Elena Pagana, moglie di Ruggero Razza e uscire proprio la Savarino, data per papabilissima nella squadra di governo del presidente Schifani. E se le parole sono misurate, gli stati d’animo lo sono un po’ meno. Si riferisce – e non è difficile immaginarli – di furibondi conciliaboli, di delusioni cocenti e di rabbie mal sopite.

Molti di siffatti momenti emotivi hanno un destinatario a torto o a ragione: Nello Musumeci. L’ex presidente – nella lettura di alcuni – avrebbe caldeggiato prima Razza e successivamente Pagana, ‘abbandonando’ l’amica Savarino nella deriva degli esclusi. O, perlomeno, non l’avrebbe difesa abbastanza, confermando un antico rapporto con Ruggero. Narrazioni, dunque, che si ricompongono e scompongono nei corridoi di giornate concitate.

E si narra, ancora, di una Giusi non esattamente ben disposta con Nello. Che a tutti spiegherebbe: ‘Non me l’aspettavo di avere la strada sbarrata proprio da Musumeci. Siamo stati così vicini…’. Voci riportate, non verificabili e, tuttavia, non inverosimili. Altre giornate, altre narrazioni, piene di concordia. Musumeci ospite a casa di Giusi Savarino e di suo marito Giuseppe Catania per ‘fare politica’. Tavole imbandite, la flebile protesta del presidente: “Giù, non ci fare mangiare assai, non ci fare bere vino, che poi niente concludiamo”. E la pluriennale amicizia tra Giuseppe Catania e Gianfranco Miccichè, per comune militanza, che si rompe – o, perlomeno si scheggia – perché Catania (omen nomen) sta con Nello. Contro Gianfranco.

E Giusi che ci resta sempre di più male, in una progressiva disillusione, e scrive su Facebook un post sulla dignità. E qualcos’altro dice, però: “Mi stanno telefonando tutti, da destra, da sinistra, personaggi delle istituzioni, per esprimermi stima. Sì, sono amareggiata. Ma io faccio politica e continuerò a farla con passione”.

Ma così è questo gioco crudele, pur nei privilegi. L’amico di ieri può diventare l’artefice dello sgambetto, nella casistica ampia che raffigura tradimenti e voltafaccia, a prescindere dalla cronache delle ore che si susseguono. E chissà cosa ne penserà Nello delle affermazioni di Miccichè:   “Se da un lato tu hai Musumeci che ti dice una cosa e fa l’opposto mezz’ora dopo, che non considera nulla delle cose importanti che gli proponi…”. E chissà cosa ne penseranno gli altri. Corsi e ricorsi, con il vino di ieri già versato nell’amaro calice che disseta il rancore. (Roberto Puglisi)


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