"Grazie agli eroi della pandemia |Il 23 maggio è anche loro" - Live Sicilia

“Grazie agli eroi della pandemia |Il 23 maggio è anche loro”

Intervista a Maria Falcone. "Bonafede e Di Mattteo? Per Giovanni gli scontri indebolivano le istituzioni"

L'anniversario
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Maria Falcone, è un 23 maggio senza navi e senza ragazzi. Come sarà quest’anniversario della strage di Capaci, 28 anni dopo?

“Sicuramente sarà una commemorazione un po’ diversa rispetto agli altri anni. Purtroppo il Covid-19 ci ha messo nell’impossibilità di potere fare la nostra manifestazione piena di ragazzi, che vengono con la nave e tutto il giorno stanno a Palermo. Mi mancherà quest’abbraccio. Mi rattrista il pensiero di non potere avere il momento con loro sotto l’albero, il momento più intenso. Quest’anno sarò soltanto io a leggere i nomi delle vittime delle stragi, insieme con un rappresentante delle varie categorie di persone che abbiamo voluto unire alla memoria di Giovanni, di Paolo e delle altre vittime, quei soggetti che si sono sacrificati per noi durante il lockdown”.

Perché questa scelta?

“Li abbiamo chiamato gli eroi di questi giorni, vittime per aver compiuto il loro dovere. È il punto di collegamento tra il 92 e oggi: l’Italia viene sempre salvata da chi compie il proprio dovere. Come diceva Giovanni a miei figli ragazzini, quando gli chiedevano cosa possiamo fare contro la mafia, lui rispondeva sempre fate semplicemente il vostro dovere”.

Oggi i ragazzi del ’92 sono uomini e donne che per età dovrebbero essere e sono classe dirigente del Paese. È un Paese migliore di allora?

“Io credo di sì, senz’altro. Io trovo una società molto più matura. Non si può ragionare per stereotipi, tutti cattivi o tutti buoni,ma trovo una maturità diversa, una voglia di partecipazione. Chiaramente non è tutto capovolto ma soprattutto a Palermo è cambiato, credo che si sia ridotto moltissimo quello che si chiamava il ventre molle, quella parte addormentata della società. L’ho constatato in varie circostanze”.

Come sta l’antimafia? I simboli cadono come le mosche.

“A me l’espressione simbolo del’antimafia mi ricollega a quella polemica ai tempi di Giovanni. Credo che in Italia ci siano tante persone che hanno voglia di lottare la mafia. E io metterei al primo posto molta società civile. I valori della democrazia e della legalità incarnati da Giovanni e Paolo li abbiamo diffusi in questi anni con il nostro impegno e continueremo a farlo. Era una delle idee fondamentali di Giovanni, che la mafia non si sconfigge solo con la repressione ma con una attività culturale, perché è anche un fenomeno culturale”.

Suo fratello la settimana scorsa avrebbe compiuto 81 anni. Come se lo immagina, se se lo immagina, a quell’età?

“Ho perduto Giovanni giovane e anche mio marito giovane: sono rimasti giovani per me, non li so immaginare anziani. Credo che Giovanni sarebbe quello che è sempre stato, sin da piccolo, ha avuto un percorso suo sempre costante, un ragazzo che ha creduto sempre e ha che ha messo sempre al primo posto il compimento del suo dovere. Lo farebbe anche ora”.

Che effetto le ha fatto vedere in tv una bagarre tra un magistrato come Di Matteo e il ministro della Giustizia Bonafede?

“Giovanni diceva sempre che gli scontri indeboliscono il sistema democratico. Vede, Giovanni non avrebbe voluto andar via da Palermo, ma non poteva farlo se non battendo i piedi, e creando una querelle sul tribunale di Palermo, il ‘tribunale dei veleni’ eccetera. Lui non voleva infliggere un altro colpo all’istituzione tribunale, preferì andare a Roma per organizzare in maniera più pragmatica la lotta alla mafia”.

 


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