I nemici della contentezza - Live Sicilia

I nemici della contentezza

Le cose buone sono poche, ma a Palermo ci sono. Un esempio? Il teatro Biondo e la squadra di calcio. Ma nell'ombra agiscono loro: i nemici della contentezza.

Se un dito punta al cambiamento, i nemici della contentezza puntano al dito, per mangiarsi la mano intera a colazione. Chi sono i nemici della contentezza? Sono quei palermitani mai contenti (appunto, di niente). Sono quelli che avrebbero da ridire pure del look di un sopravvissuto, sbucato indenne dal crollo delle torri gemelle. Lo guarderebbero col sopracciglio alzato, per mormorargli con astio: “Talè! Hai ‘a giacca china ‘i pruvulazzu” (guarda, hai la giacca piena di polvere), questi maestri acidi del bon ton.

L’inimicizia della contentezza sfocia nel paradosso obbligatorio, talmente surreali appaiono le conclusioni a cui giunge. E gli esempi non mancano. Primo esempio con nome e cognome: Roberto Alajmo. Un vero scrittore e la circostanza è già di per sé fastidiosa, perché contemporaneo. Un pazzo da manuale che ha restituito il Teatro Biondo a Palermo. Chi ricordava? Il Biondo era scomparso dalla mappa dei residenti, dalla tenerezza degli aficionados. E’ tornato a macinare biglietti e cultura con scelte che saranno criticabili, non essendo l’Alajmo nato a Betlemme. Tuttavia il dato di sostanza non si può confutare. Ma negli angoli allignano anime insoddisfatte che hanno commentato con un cocktail di “sì però”, per sminuire ciò che non poteva essere negato.

Sì, però Alajmo non è poi così bravo. Sì, però è solo un radical chic. Sì, però, sono spettacoli quelli? Sì, però… all’infinito. Detto di nuovo che i parametri sono criticabili e che è lecito apparecchiare una discussione serena sulle forme e sui contenuti, ci pare (però) che il fatto sia evidente. A Palermo c’era un teatro stabile che non funzionava quasi più. Ora, finalmente, ha ripreso a respirare.

Altro esempio con nome e cognome: Beppe Iachini, l’allenatore che sta riportando i rosanero in serie A. Un eroe sportivo borghese destinato a non rimanere impresso nelle pupille dei distratti. E’ umile, è umano. Da tecnico si concentra sulle stesse qualità che lo condussero nei quartieri importanti da calciatore: basso profilo, silenzio e pedalare. Un tipo così, lontano da ogni balcone, non incendia le folle. A Palermo, capitale mondiale degli adoranti seguaci degli incendiari di folle, l’effetto sottovalutazione è moltiplicato. Iachini è quasi sopportato nella sua semplicità (qui amiamo le fanfaronate di Zenga che voleva vincere lo scudetto).

La squadra, composta da qualche giovane fuoriclasse e da molti onesti pedatori, è amata dai pochissimi veri tifosi che la considerano un simbolo santo di fatica e sudore e sfregiata dai nemici della contentezza. Costoro, incuranti della promozione che giudicano un atto dovuto a chissà che nobiltà, non perdono l’occasione per diffondere una marea di bile nera. I giocatori sono ‘resche’ (termine irripetibile che in vernacolo locale allude al peggio che c’è). Il mister è appena appena buono per la B. Il valoroso capitan Barreto è uno scarpone. Bolzoni è scarso. La linea Maginot è formata da ‘cose inutili’. La contentezza per il traguardo agognato passa in secondo piano rispetto all’inimicizia e all’urgenza della sua esibizione.  E non c’entra tanto l’amarezza ormai assopita per la trascorsa e redenta retrocessione.
Quello che conta davvero è lamentarsi sempre e comunque. E si sa che che il lamento continuato, quando compone un mazzo unico di tutto, quando non distingue il giusto dallo sbagliato, è l’antitesi di ogni critica intelligente.

Perché si comportano così i nemici della contentezza? Perché avvertono il bisogno di sporcare quel rimasuglio di bello, quel fondino di dolce che c’è, invece di difenderlo? Forse perché vogliono un alibi al dolore e allo spavento. Forse perché hanno bisogno di vivere in un mondo che gli somigli. Che sia perfettamente infelice.


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