Catania, il Consiglio approva il rendiconto ma restano le tensioni - Live Sicilia

Catania, il Consiglio approva il rendiconto ma restano le tensioni

Bonaccorsi contro Bianco. Gli autonomisti avvertono Pogliese

CATANIA – A un certo punto Salvo Di Salvo si spinge perfino a dire: “Lei sarà il candidato alle prossime elezioni amministrative, avrà il mio sostegno”. Il destinatario dell’invito alla candidatura è un imbarazzato Roberto Bonaccorsi, assessore al Bilancio, vicesindaco e sindaco facente funzioni, mentre Salvo Pogliese è sospeso per effetto della legge Severino. Doveva essere una seduta di Consiglio comunale per votare il rendiconto 2020 e continuare a mettere ordine nei conti del Comune di Catania in dissesto (18 favorevoli, due astenuti: delibera approvata), invece è stata per molti l’occasione per togliersi qualche sassolino dalle scarpe.

Roberto Bonaccorsi contro Enzo Bianco

In primis per lui, il vicesindaco Bonaccorsi, che non ha digerito le parole ripetute via social dall’ex sindaco Enzo Bianco: “Come purtroppo ripeto da troppo tempo ‘semu ne manu di nuddu‘”, ha scritto Bianco in qualche recente post. E Bonaccorsi non ci sta. Dopo avere illustrato il rendiconto 2020 e avere spiegato che tutto procede nel lento lavoro per ripianare il disavanzo del 2018 (941 milioni di euro e spicci), il vicesindaco inizia un lungo discorso: “E poiché siamo qui a rendere conto di quanto fatto, alcune cose devono essere dette, soprattutto per chi non ha memoria o fa finta di non averne. La pazienza ha un limite, e sono gli atti a testimoniare l’efficienza e la capacità di un’amministrazione di dare corso ai propri programmi”.

È solo l’incipit. Bianco, mai citato, traspare in ogni frase. “Le mani di nessuno citate da qualcuno una decina di giorni fa sarebbero già le mie”, spiega Bonaccorsi. “Invece io penso che la città fosse nelle mani di nessuno quando, invece, un sindaco c’era”. La memoria torna indietro al 2018 e a una delle deliberazioni della Corte dei Conti. Non quella con la quale veniva imposta la dichiarazione del dissesto, quanto un’altra, che domandava una serie di correttivi ai comportamenti contabili dell’amministrazione. “C’erano adempimenti che non erano stati compiuti e valevano circa 449 milioni di euro“. Diviso i cinque anni precedenti, “ogni anno non sono stati fatti adempimenti per 90 milioni di euro l’anno. La città in che mani era?”. E poi: la rimodulazione del piano di rientro approvata con due giorni di ritardo rispetto alla scadenza imposta dal ministero. Le continue richieste della magistratura contabile disattese. Gli anni della passata amministrazione Bianco segnati dalle polemiche sui conti, sfociate poi nella necessità di dichiare un default da 1,6 miliardi di euro.

L’emendamento Salva Catania

Il nastro dei ricordi del vicesindaco arriva, poi, al Salva Catania, l’emendamento approvato nel decreto Crescita del governo giallo-verde (era l’estate 2019), con il quale il governo stanziava un aiuto per i Comuni capoluogo delle città metropolitane in dissesto. Un provvedimento frutto innegabilmente dell’impegno politico dell’allora neosindaco Salvo Pogliese, votato allora a un pressing spintissimo nei confronti dei rappresentanti leghisti del governo. “Ricordo quando ho predisposto l’emendamento che destinava 510 milioni di euro di contributo al Comune di Catania. Somme che stiamo già incassando e che incasseremo fino al 2033 – attacca Bonaccorsi – Fosse successo nel periodo precedente, non sarebbero bastate le bombe della sera del 3″. Alludendo ai fuochi di Sant’Agata. E, prima di ringraziare Pogliese, Bonaccorsi conclude citando il suo amico Franco Battiato: “Chissà a chi pensava quando cantava dei ‘perfetti e inutili buffoni'”.

Uno schiaffo a mano aperta a cui, in un’aula tornata di nuovo per buona parte in streaming, non risponde praticamente nessuno. Solo Lanfranco Zappalà ci prova, sul tardi, ma la difesa per conto di terzi ha meno forza del discorso strutturato del vicesindaco. Più che un sassolino, è una scogliera.

Tensioni con gli autonomisti

Passato il momento di Bonaccorsi, a prendere la parola per primi sono gli autonomisti. Orazio Grasso, collegato a distanza, di solito taciturno componente di Grande Catania ieri sera ha lasciato di stucco molti: “Questa seduta arriva in un clima surreale, per via dell’atteggiamento del sindaco per come si è visto in occasione della votazione per il vicepresidente vicario del Consiglio”. Nessun problema con Salvo Giuffrida, eletto alla seconda votazione, per Grasso è un fatto “di metodo, non di merito”. E il metodo non gli va giù: la “gestione monocolore delle partecipate”, la fusione di Sidra con Catania Rete Gas (fissata per l’11 marzo), l’acquisto di quote societarie di Catania acque spa, che dovrebbe essere il nuovo gestore unico del servizio idrico integrato.

“Penso di interpretare il sentimento di ognuno dei miei colleghi, quando dico che non abbiamo mai fatto mancare il nostro sostegno alle delibere che avevano per oggetto il bene della città – prosegue Grasso – E personalmente lo farò anche stavolta. Ma deve essere chiaro che gli interessi di segreteria in quest’aula non devono prevalere”.

Il primo è andato. Sebastiano Anastasi, il capogruppo dei lombardiani, segue a ruota. “Io sono un convinto democratico – comincia – Gli effetti dell’uomo solo al potere li temo“. Il gruppo voterà sì il rendiconto 2020, e sarà pure decisivo per l’approvazione, ma non per questo c’è da credere che con Pogliese sia tutto risolto, dopo che quest’ultimo avrebbe agitato lo spauracchio delle dimissioni per ottenere il voto a Salvo Giuffrida come vicepresidente. “Posso dire con orgoglio che noi del gruppo Grande Catania non abbiamo mai alzato i toni quando ci sono state vicende giudiziarie, anche nella passata amministrazione – prosegue Anastasi – Abbiamo sempre manifestato, prima di tutto, la nostra solidarietà umana. E spesso, purtroppo, non siamo stati ripagati con la stessa moneta”.

“Un appello: lei faccia il sindaco”

Anastasi vuole arrivare a un punto: le difficoltà del sindaco non possono essere una scusa per fare passare tutto in cavalleria. O, detta come la dice lui: “Non possiamo restare in questo clima di sospensione, mentre si dibattono temi importanti per la città: i rifiuti, la mobilità, il turismo, l’urbanistica”. Per poi aggiungere, rivolto a Bonaccorsi: “Facciamo un appello affinché lei faccia il sindaco, perché altrimenti rischiamo di fare passare questo scorcio di consiliatura per un cuscinetto in attesa delle Regionali“. Quando tra Consiglio e giunta i candidati saranno diversi. “Abbiamo sempre votato, anche quando la tentazione di tirare via il tesserino dal banco è stata forte – prosegue il capogruppo autonomista – Da noi avrete sempre proposte, sui nomi, sui programmi e sulle idee”. E arriva il monito: “Ma bisogna avere in mente che se ci si distrae solo un secondo per decidere il candidato Tizio o Caio in uno o in un altro paese, ci si sta distraendo dall’amministrazione della cosa pubblica della città”.

Le orecchie e gli occhi di Pogliese sono in aula bene attenti. Il messaggio è stato recepito. A rimarcarlo arriva il terzo autonomista, Salvo Di Salvo. Che sulla palla alzata da Anastasi schiaccia lungo la linea di fondo campo: “Sindaco – dice, rivolgendosi a Bonaccorsi – siamo più sereni perché arriveremo al 2023 con lei. Questa città ha bisogno di una guida, la invito ad alzare l’asticella e a mettere in discussione ciò che deve essere messo in discussione: su nove assessori, sei sono amici del sindaco (stavolta Pogliese, ndr). Non è una gestione familiare”. E, dopo un elenco dei problemi della città, incalza: “Lei deve condurre la sua giunta in piena autonomia. Io sono convinto che se lei lo farà, i cittadini e le forze politiche glielo riconosceranno. Io sosterrò la sua candidatura a sindaco di Catania, glielo dico sin da oggi”.

Il voto sul rendiconto 2020

Dopo oltre tre ore di seduta consiliare, esauriti i due macro argomenti politici, l’unica ancora concentrata sul voto per il rendiconto 2020 sembra essere la ragioniera generale Clara Leonardi, in aula ad attendere il voto. I fasti dei giorni precedenti sono già spariti, i presenti alla seduta sono 20. Diciotto favorevoli, astenuti Giuseppe Gelsomino (Catania 2.0) e Lanfranco Zappalà (gruppo Misto). Il Consiglio approva.


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