Grasso: "Mancino si sentiva perseguitato" | Polemica con la Procura di Palermo - Live Sicilia

Grasso: “Mancino si sentiva perseguitato” | Polemica con la Procura di Palermo

La deposizione di Grasso all'aula bunker del carcere Ucciardone (foto Lo Verso)

Il presidente del Senato depone nella stessa aula che lo vide come giudice a latere del maxiprocesso. Al centro della deposizione le pressioni dell'ex ministro dell'Interno in merito alle indagini nei suoi confronti. "Mi disse che in quanto procuratore antimafia avrei dovuto fare qualcosa". Sul finale la stoccata polemica agli ex colleghi: "Perchè non sono stato convocato come parte offesa?".

mafia, il processo sulla trattativa
di
2 min di lettura

PALERMO – Al via a Palermo la deposizione del presidente del senato, Piero Grasso, al processo sulla trattativa Stato-Mafia. Il processo è in corso all’interno dell’aula bunker del carcere Ucciardone, la stessa che vide Grasso come giudice a latere del maxiprocesso a Cosa nostra. “Sono qui per venire incontro alle esigenze delle verità e della giustizia”, sono state le prime parole di Grasso. Sia il presidente della corte d’assise che la procura di Palermo e le difese hanno ringraziato il presidente del Senato per aver rinunciato alle prerogative di farsi esaminare a Palazzo Madama.

“Durante la riunione del 19 aprile 2012 (alla Procura generale della Cassazione ndr) venne stigmatizzo che c’erano state delle lamentele sul coordinamento dell’indagine sulla Trattativa – ha affermato ancora Grasso -. Da un punto di vista ufficiale fu quello il momento in cui vennero fuori queste lamentele, in maniera ufficiosa avevo incontrato Nicola Mancino il giorno degli auguri di Natale al presidente della Repubblica. Stavamo posando i cappotti nell’armadio, Mancino si mi disse che si sentiva quasi perseguitato. C’erano valutazioni diverse fra le Procure sulla sua posizione, mi disse che in quanto procuratore antimafia avrei dovuto fare qualcosa. Risposi che l’unico modo sarebbe stata l’avocazione e non c’erano i presupposti”.

“Durante la riunione alla Procura generale della Cassazione venne affrontato il problema del coordinamento del processo Trattativa – ancora il racconto di Grasso -. Era un problema che arrivava dalla Procura di Caltanissetta che lamentava un mancato invio di atti e si era creato uno stallo istituzionale. Caltanissetta investì il procuratore nazionale antimafia che a sua volta investì della questione la procura generale della Cassazione e il ministero. Non era solo un problema di coordinamento, ma di riconoscimento del potere del procuratore nazionale antimafia. Non era la prima volta. Nel 2011 lo stallo si era risolto con una riunione del 28 aprile in cui diedi dodici direttive di coordinamento. Da allora, dissi nella riunione del 2012, che non mi risultavano violazione di coordinamento da parte delle tre Procure interessate, Firenze, Caltanissetta e Palermo. Dissi che non c’erano gli estremi di violazione per arrivare all’avocazione”.

A conclusione delle domande dei pubblici ministeri, Grasso ha mosso un appunto agli ex colleghi: “Pensavo che sarei stato citato non solo come teste ma come persona offesa, visto che qualcuno qui, Giovanni Brusca, ha detto che mi si doveva dare un colpetto per ravvivare la fiamma della Trattativa”. Appunto a cui ha risposto con un pizzico di polemica il procuratore Messineo: “Qui non stiamo celebrando un processo per strage o mancata strage”.


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI