Il voto di Palermo? Siamo ancora in alto mare - Live Sicilia

Il voto di Palermo? Siamo ancora in alto mare

Bisogna offrire un progetto serio e non frettoloso agli elettori
SEMAFORO RUSSO
di
3 min di lettura

“Quando si comincia a pensare seriamente al voto di Palermo? “. È il titolo di un mio articolo su Livesicilia del 18 maggio scorso. Perché era quello il momento per definire alleanze e candidato per le prossime elezioni amministrative nel capoluogo siciliano. Un anno è il tempo giusto per offrire agli elettori un progetto serio e non una frettolosa pizza mal lievitata cucinata in fretta e furia da quattro notabili di partito intenti a elaborare equilibri tra poltrone da assegnare e a gestire appetiti di parte da saziare. Non dimentichiamo, infatti, che appena qualche mese dopo avremo le regionali e facile è da immaginare la tentazione di usare le istituzioni tipo caselle del Monopoli. Da maggio sono trascorsi quasi 6 mesi e ci troviamo in alto mare. Su Palermo, fermiamoci al centrosinistra, fioccano le autocandidature mentre ancora non si è sciolto il nodo del cosiddetto perimetro della coalizione, specialmente se ci riferiamo alle forze definite “moderate” che spesso sono tutt’altro che moderate nel modo spregiudicato di intendere e di praticare la politica alla conquista del potere. Non faremo i nomi in campo, qui ci interessa il metodo. Intanto, come porsi rispetto alla sindacatura di Leoluca Orlando? Non è un dettaglio se la domanda provoca divisioni.

Se i risultati delle elezioni appena celebrate in grandi città italiane e in comuni della Sicilia sembrano condurre al rafforzamento di un’alleanza strategica tra il PD e il M5S (auspicata ripetutamente da chi scrive) sarebbe francamente incomprensibile una spaccatura sul dopo-Orlando. Orlando è un dirigente del PD e se numerosi sono i problemi irrisolti a Palermo, esattamente come a Roma, a Napoli o a Torino (esiste ormai una spinosa questione circa l’insufficienza finanziaria degli enti locali che renderebbe praticamente impossibile amministrare financo ad Albert Einstein) è anche vero che Orlando ha segnato positivamente la storia di Palermo che negli anni ’80, quando il Professore mise piede per la prima volta nel piano nobile di Palazzo delle Aquile, non era esattamente Stoccolma ma una città sventrata, massacrata e assediata da mafiosi e amici dei mafiosi in giacca e cravatta in un clima drammatico di complicità diffusa e di omertà. Sappiamo cosa accadde, poi, nei primi anni ’90, la sanguinosa catena delle stragi. Oggi Palermo è con mille emergenze irrisolte, impossibile non riconoscerlo, ma con il volto presentabile di una realtà che non vuole tornare al passato e vuole invece affermarsi nel turismo, nella mobilità sostenibile e nell’accoglienza. Vuole distinguersi come capitale del Mediterraneo, centro di confluenza di culture importanti e con un potenziale economico finora mortificato dalla miopia dello Stato che ha tagliato progressivamente i trasferimenti ai comuni e dall’assenza totale di politiche di sviluppo a livello regionale.

Quindi, chi a sinistra e dintorni si propone come sindaco non può marcare “discontinuità” provocando inevitabili conflitti tra possibili alleati ma riconoscendo limiti e pregi della stagione orlandiana deve ripartire da ciò che Palermo è diventata, anche per merito di Orlando, e guardare avanti per superarne le evidenti e molteplici criticità. Già tale impostazione renderebbe meno difficile il resto. Occorre coinvolgere associazioni ed esperienze politiche comunque collocate a sinistra e, soprattutto, quei settori della produzione, della cultura, delle professioni, del lavoro, dell’antimafia autentica e del volontariato diffuso che vogliono partecipare a pieno titolo alla costruzione del futuro prossimo di Palermo. Per realizzare un coinvolgimento così ampio dei palermitani, su basi esclusivamente programmatiche, bisogna però subito scegliere il candidato sindaco e formare la squadra di chi giocherà la partita. Il candidato alla carica di sindaco quando sono tanti gli aspiranti, e sono tanti, va individuato attraverso le primarie. Uguale discorso varrà per le successive elezioni regionali. Primarie ovviamente di coalizione. Ciò consentirebbe di stoppare veti incrociati, perdite di tempo che costringono ad arrivare col fiato grosso all’apertura delle urne e motiverebbe l’impegno di tutti i protagonisti visto che la scelta sarà decretata da cittadini e non dalle segreterie di partito. Non è particolarmente complicato da comprendere.

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