CATANIA. Un incontro ravvicinato, nonostante la distanza Catania-Milano, con un pilastro della musica siciliana e nazionale.
Sei nato a Caltagirone il 7 luglio del ’53. Com’era Kaballà da bambino e che ricordo hai della Sicilia di quegli anni?
La data di nascita la dice lunga, quindi non vorrei nemmeno fare il calcolo della mia età. Però quella quella data dice di una Sicilia per me antica, di una Sicilia per me luminosa, splendida, felice. I primi anni della mia vita sono stati fra Caltagirone e Piazza Armerina: il paese si chiama Mirabella Imbaccari, dove vivevano i miei nonni. Mi sono trasferito a Catania all’età di sette/otto anni, però ogni fine settimana ed ogni estate ritornavo in campagna nella mia casa e stavo moltissimo assieme ai miei nonni.
Ho un ricordo meraviglioso di quei tempi e direi che l’atmosfera era quella di Nuovo Cinema Paradiso […] nel vecchio granaio di mio nonno paterno, negli anni 60 si era aperto il cinema, il cinema del paese.
Allora in un paese così piccolo c’erano ben due cinema.
Io mi ricordo i miei pomeriggi lunghissimi passati a vedere due film al giorno, con la mia gazzosa ed Il mio panino, e le scorribande in campagna e la felicità di quegli anni, la felicità di una Sicilia intrisa di luce, di poesia arcaica e veramente meravigliosa. […]
All’inizio degli anni ’80 però lasci la Sicilia, senza mai spezzarne comunque il legame sacro che ti lega a lei dalla nascita, e ti trasferisci a Milano. Fu una scelta professionale obbligatoria o una tua urgenza artistica e personale?
Sì, mi trasferisco a Milano e direi che ci sono ambedue le esigenze, sia l’esigenza professionale, poiché venivo a Milano a lavorare, ad avere un’indipendenza e quindi, avendo fatto gli studi in giurisprudenza, sono andato a lavorare all’ufficio legale dell’Inps.
Facevo il mio mestiere.
La seconda esigenza era quella di allontanarmi da Catania perché, come ho detto prima, Catania, allora, quando io sono andato via, in realtà alla fine degli anni 70, non mi mostrava più stimoli, per quello che era per me la vita, l’arte, la ricerca artistica.
E quindi ci sono ambedue i motivi che mi hanno spinto ad approdare a Milano.
Direi un esilio volontario, una necessità […] I primi anni a Milano io ho avuto un distacco dalla Sicilia, pur rimanendo sempre legatissimo allo studio della musica, all’interesse per la musica, e devo dire un’altra cosa che ho dimenticato: per la parola.
La parola per me è stata sempre molto importante, quindi già da allora mi interessava la poesia, la letteratura e quindi cogliere anche aspetti di quello che sarebbe stato anche importantissimo per me e per quello che sono diventato dopo. […]
La Sicilia per qualche anno è stata quasi cancellata, quindi questo rapporto di di odio amore che si ha con la madre e che a un certo punto vuoi eliminare dalla tua vita.
Però è ritornata, perché le radici sono importantissime, ed è ritornata come esigenza.
Ed è lì che ho cominciato a pensare alla Sicilia, in maniera diversa dalla Sicilia.
Che la Sicilia potesse entrare come protagonista in quello che da qualche anno facevo, cominciare a scrivere, cominciare a scrivere canzoni, però in maniera indistinta. Paradossalmente le mie prime canzoni sono quelle che poi sono state la terza parte della mia esistenza.
Erano canzoni, canzonette, canzoni pop, quello che poi ho messo al servizio degli altri.
Però lì è successo qualcosa. Alla fine degli anni ‘80 è successo che la Sicilia tornava protagonista. […]
Nonostante gli studi giuridici il tuo futuro sarà nella musica come cantante ed autore sotto, lo pseudonimo di “Kaballà” appunto. Quali sono le suggestioni che ti suscitava in quegli anni la “Cabala”, quest’antica disciplina esoterica di ordine ebraica, per sceglierla come “Nome di battaglia”?
Nel ‘90 ho cominciato professionalmente a mettere insieme i miei amori che erano la letteratura, la musica, la musica d’autore, il folk rock, la musica americana, la musica irlandese.
In questa mia sfida, con l’aiuto dei miei produttori di allora, ci era venuto in mente di fare un progetto che non aveva come protagonista un nome e un cognome, ma un pò quello che riassumeva questo esperimento di musica.
E quindi perché la Cabala, […] la numerologia nell’antica filosofia numerologia esoterica ebraica, perché questa dottrina alchemica? Perchè c’era un pò l’alchimia che io e i miei collaboratori d’allora volevamo nel mio progetto musicale.
L’alchimia era fatta di dialetto siciliano, manipolato in una certa maniera, era fatto di ritmica, di rock, di venature folk, di venature progressive, un pò un genere a sé […]