L'ex assessore che studia da sindaco: "Sono l'uomo giusto" - Live Sicilia

L’ex assessore che studia da sindaco: “Sono l’uomo giusto”

L'ex amministratore Sergio Parisi, intervistato da LiveSicilia, spiega i suoi progetti per la città e fa un appello al centrodestra.

CATANIA – “Lei vuole fare il sindaco?”. “Certo che voglio fare il sindaco”. Sergio Parisi non si nasconde. L’ex assessore allo Sport della giunta di Salvo Pogliese lo dice, ormai, senza più alcuna ambiguità: la sua ambizione è di sedere sulla poltrona più importante del Comune di Catania, quella del primo cittadino. Con la forza di chi è convinto di avere fatto bene, negli anni da assessore, quando Pogliese era ancora al suo posto.

Nei corridoi di Palazzo degli elefanti si indicava Parisi dicendo: “Studia da sindaco”. E quando Pogliese è stato sospeso per effetto della legge Severino dopo la condanna in primo grado per peculato, di Parisi si raccontava che fosse il vicesindaco ombra del sindaco facente funzioni Roberto Bonaccorsi. Nel frattempo, la direzione Politiche comunitarie, di cui Parisi deteneva la delega, macinava fondi ottenuti e progetti avviati. “Abbiamo fatto un buon lavoro – dice l’ex assessore – Mi spiace di non riuscire a citare tutti i finanziamenti e le cose che faremo. Ce ne sono tantissimi“.

Le sembra di avere studiato abbastanza per fare il sindaco?
“Mi fa piacere che negli uffici si dicesse che studiavo da sindaco, significa che molti hanno notato il mio impegno e apprezzato il mio lavoro. Mi permetta, però, una correzione: quello non era studiare da sindaco, era studiare da amministratore. Nel Palazzo tentavo di fare un lavoro di sintesi, di coordinamento. E, soprattutto, imparavo. Mi è venuta una grandissima passione per la storia della nostra città: l’eruzione del 1669, il terremoto del 1693, la ricostruzione, il tardo barocco che ha fatto la fortuna di Catania. Ma anche le fortificazioni, le mura di Carlo V ancora visibili per qualche tratto. Mi sono accorto di avere una grande lacuna sulla nostra storia eppure, studiandola, mi ha dato stimoli forti. Penso che i turisti quando entrano nel nostro centro storico si ritrovino in un mondo straordinario, che forse non tutti i catanesi meritano”.

Che i catanesi non meritino Catania non è una cosa che un candidato sindaco può permettersi di dire facilmente.
“Chiaramente intendevo i catanesi che sporcano la città, che la maltrattano, che sfregiano la bellezza del posto incredibile in cui viviamo. Loro, forse, non la meritano”.

Quindi? Il sindaco lo vuole fare?
“Certo che voglio fare il sindaco. Vede: il mio nome non è venuto fuori da me. Non sono stato io a svegliarmi una mattina e a dire che volevo candidarmi. Se se n’è cominciato a parlare, in città, credo sia stato per via del grande lavoro che è stato fatto e che ha messo le basi per molti investimenti futuri a Catania. Quando il sindaco Pogliese ha attribuito le deleghe, sono stato io a chiedergli quella alle Politiche comunitarie. Era un terreno inesplorato. Si può dire che quella direzione è cresciuta insieme a me negli anni in cui sono stato assessore. Dalla macrostruttura alle singole specificità. Abbiamo fatto i primi passi e siamo arrivati ad assumere 70 professionisti, a cui se ne aggiungeranno altri 40 per via delle economie che siamo riusciti a realizzare”.

Tutti a tempo determinato, però.
“Sono convinto che in futuro si troveranno le risorse economiche per stabilizzare queste figure preziosissime. Alle Politiche comunitarie sono adesso in grado di intercettare i fondi, ma anche sviluppare i progetti. Se lei entra negli uffici, in piazza Stesicoro, c’è un fermento e una vivacità che non ci si aspetta certo da un ufficio comunale in una città del Sud. Tutto questo, e i progetti che abbiamo avviato, penso che siano i motivi per i quali sui giornali sono state pubblicate certe suggestioni. È chiaro che, dopo tutto questo lavoro, mi viene naturale pensare che io possa essere la persona giusta per amministrare questa città per i prossimi cinque anni”.

Ne ha parlato con Salvo Pogliese?
“Non abbiamo approfondito granché il tema. Ne abbiamo parlato, sì, ma lui non si è espresso in maniera determinata. Però a lui e alle altre forze politiche di centrodestra faccio un appello: non bisogna perdere tempo. Non possiamo permettere che il candidato venga scelto dopo Sant’Agata, che sia io o che sia qualcun altro. Io sono un ottimista di natura, vedo il bicchiere sempre mezzo pieno. Ma dobbiamo accelerare, perché Catania è commissariata e i cittadini hanno bisogno di una guida politica forte. Io ho i requisiti operativi per fare il sindaco, che secondo me sono quelli più importanti. So fare le cose e l’ho dimostrato negli anni straordinari in cui sono stato assessore”.

Pensa di avere anche i requisiti politici?
“Credo di essere un nome valido anche per gli alleati. Lo dimostrano i buoni rapporti che ho sempre intrattenuto con tutto il Consiglio comunale e gli eccellenti rapporti con gli altri componenti della giunta. In politica questo vale molto”.

Lei è stato assessore in anni molto complicati. L’amministrazione Pogliese ha sopportato una quantità di sfortune che difficilmente si sono viste tutte insieme: il dissesto, la pandemia, il fallimento del Calcio Catania, per citarne alcune.
“Prima di essere assessore della giunta Pogliese, lo sono stato, per pochi mesi, anche della giunta Stancanelli. In quel periodo ero un esordiente, stavo iniziando mentre un’amministrazione si avviava alla conclusione. Stavolta è stato tutto diverso e, ripeto, sono stati anni straordinari. Nel bene e nel male. Straordinariamente positivi per l’impegno, i successi delle Politiche comunitarie e lo spirito di squadra. Straorinariamente negativi per il dissesto, la doppia sospensione del sindaco, il Covid-19 e poi la questione del Catania… Avevo lasciato l’amministrazione, nel 2013, con un piano di riequilibrio per salvare la città dal default e il Calcio Catania ottavo in classifica in serie A. Sono rientrato in amministrazione, cinque anni dopo, con la decisione della Corte dei Conti e le alterne vicende del Catania, oggi in serie D”.

Vede un parallelismo?
“Il Calcio Catania è una parte importante della catanesità. Ero certo che qualcosa di positivo sarebbe accaduto. Quando, con il sindaco facente funzioni Roberto Bonaccorsi, abbiamo lanciato la manifestazione d’interesse per l’assegnazione del titolo sportivo del Catania siamo rimasti sorpresi: cinque proposte, delle quali almeno quattro molto serie, significavano un’attenzione e un’interesse non solo per il Calcio Catania, ma per la nostra città. Il feeling che si è instaurato con Pelligra, le 16mila persone che vogliono seguire un campionato di serie D… Sono segnali di una vitalità che ancora attrae”.

I catanesi, e anche lei, vi siete innamorati di Ross Pelligra. Come una specie di zio d’America arrivato a salvare tutto. E però la storia insegna che quando Catania si è innamorata di uno o più imprenditori, alla fine, ne è uscita sempre con le ossa rotte. Se devo continuare a parlare di calcio, mi riferisco a Nino Pulvirenti. Ma possiamo andare anche oltre.
“Non mi preoccupano le esperienze del passato. Se non rischiamo, non abbiamo altre strade. Questo zio d’America, forse è una grande fortuna, viene davvero da oltreoceano, ha dimostrato da subito una grande voglia di investire. Non solo nel calcio. È un grande imprenditore, un costruttore. Quello che sento più spesso è che lo faremo scappare, ma io sono troppo innamorato della città e credo che saremo capaci di costruire una grande rete. Che troveremo un equilibrio tra lo zio d’America e i catanesi”.

Lei ha parlato tanto dei fondi ottenuti, non solo con il Pnrr ma anche con i Pon Metro. La strada della prossima amministrazione è in discesa?
“Penso che sia in salita, invece. Perché ci sono da mantenere e migliorare ancora le buone pratiche che si sono attivate. Non è solo una questione di soldi ottenuti e soldi spesi. È proprio un fatto di metodo di lavoro. Qualcuno mi ha detto: non ti dispiace che le cose tue se le godano gli altri? I cantieri avviati e i progetti finanziati non sono cose mie né di Pogliese né di Bianco né di nessun altro. Sono cose dei catanesi. E io non sono forse un cittadino catanese? Sono ogninese doc. Anzi, se non sarò io il candidato, me le godrò con il piacere di raccontarle ai miei figli”.


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