L'ex presidente: "I colpevoli |cercateli tra chi mi ha tradito" - Live Sicilia

L’ex presidente: “I colpevoli |cercateli tra chi mi ha tradito”

"Quello delle elezioni amministrative al comune di Catania è un caso apocalittico – afferma Lombardo rivolgendosi alla giudice Laura Benanti – è improbabile un cambiamento di questa portata solo per motivi ideologici, lì dovete cercare l'eventuale contropartita".

Il processo Lombardo
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Catania – Al centro della deposizione di Raffaele Lombardo – esaminato in aula su richiesta della difesa – c’è la dinamica del voto di scambio, che – sempre secondo l’ex presidente – dovrebbe essere ricercata “nelle trasmigrazioni” di soggetti che nel tempo hanno cambiato schieramento politico. “Quello delle elezioni amministrative al comune di Catania è un caso apocalittico – afferma Lombardo rivolgendosi alla giudice Laura Benanti – è improbabile un cambiamento di questa portata solo per motivi ideologici, lì dovete cercare l’eventuale contropartita, in quelli che prima erano con me e adesso sostengono la maggioranza”. L’ex presidente presenta in aula anche la denuncia del fenomeno dei cambiacasacca  fatta dal movimento Catania Bene Comune, lista che ha partecipato a quella competizione elettorale con il candidato sindaco Matteo Iannitti. “Praticamente mezzo consiglio comunale – chiosa Lombardo – è fatto da ex Mpa, come Salvo di Salvo e Alessandro Porto”.

Discorso diverso invece per Ernesto Privitera, il quale – come sostiene l’ex presidente della Regione – è stato sempre un “lombardiano”. “Le intercettazioni – sostiene Lombardo – al netto delle vanterie e delle millanterie, dimostrano proprio come il sostegno a favore di Toti alle elezioni regionali nasca da una motivazione forte del Privitera, autonoma da me”. Lombardo ripercorre anche un pezzo di storia politica cittadina mostrando in aula una copia del giornale “La Sicilia” datato 7 giugno 1970, anno in cui il padre Giuseppe Lombardo era candidato al comune di Catania con la DC, campagna elettorale che vide il supporto attivo del padre di Ernesto Privitera, Letterio. Testimonianza – per la difesa – del legame “familiare” che intercorre tra i Lombardo e i Privitera.

Un lungo rapporto di amicizia e militanza, in cui si inseriscono quelle che l’ex presidente stesso definisce “un continuum di segnalazioni” fatte per aiutare le difficoltà lavorative della “famiglia della famiglia”. Una segnalazione dunque, senza nessuna contropartita, del resto, come spiega lo stesso Lombardo, “in quelle elezioni regionali non ho imposto nulla”. “Il sostegno diretto a Toti – spiega ancora – avrebbe demotivato gli altri militanti e i candidati”. L’ex presidente cita diversi casi a sostegno di questa tesi, l’appoggio del fratello Angelo Lombardo in favore di un altro candidato del partito, Dino Fiorenza e la presenza di molti “lombardiani” in altre liste. “Molti dei nostri erano in Futuro e Libertà – ricorda Lombardo – Marco Consoli, attuale vicesindaco di Catania, ricevette un grosso apporto da Scammacca della Bruca”.

Altra dimostrazione dell’inesistenza di una contropartita nel presunto “scambio” si troverebbe – secondo l’ex leader autonomista – nel limitato apporto di voti riconducibili al Privitera, nelle sezioni di riferimento della I municipalità, la 73, la 74 e la 77 le preferenze assegnate a Toti Lombardo sono rispettivamente: 9,14 e 24. “Considerando la media di 5 voti a sezione ottenuti da mio figlio – conclude Lombardo – si può dire che in effetti Privitera si è impegnato ma che l’apporto non è stato esteso”. “Incontrai Privitera a casa mia nel febbraio 2013 perchè lo considero di famiglia – afferma Lombardo – e lui voleva farmi conoscere suo figlio, un ragazzo in gamba”.

L’assunzione del Giuffrida alla Ipi Oikos avvenne per un “favore” quindi, e “il contatto con i vertici aziendali – afferma Lombardo rispondendo alla domanda del pm Rocco Liguori – avvenne quando ero presidente della Regione, allora Deodati mi venne a trovare dopo aver vinto l’appalto per la raccolta dei rifiuti”. L’orizzonte si allarga quando Raffaele Lombardo continua dicendo che era “una prassi il fatto che imprenditori e titolari di aziende venissero da me a offrire cose lecite e illecite”, il tutto sempre secondo l’ex presidente al fine di “ingraziarsi la carica istituzionale e per acquistare credito ai miei occhi”.


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