Il premier e lo 'strappo' di Orlando | Ecco la politica che vive di sgarbi - Live Sicilia

Il premier e lo ‘strappo’ di Orlando | Ecco la politica che vive di sgarbi

Anche il sindaco di Palermo va allo scontro durissimo. Ma non è il primo caso.

Del sindaco di Leoluca Orlando che, in polemica, non ‘accoglie’ il premier Conte in visita istituzionale a Palermo, i maligni potrebbero dire, appunto, chiosando con malignità: toh, guardalo, perfino lui si mette a fare il grillino. E non erano i prodi del M5s, i cavalieri del moralismo pentastellato, che si alzavano e sbattevano la porta, prima di indossare una più prudente grisaglia governativa?

Tuttavia, la rappresentazione non sorprende. Il Professore e attuale, nonché perenne, primo cittadino di questa città, ci ha abituato ai colpi di scena. La sua originaria costituzione democristiana, piegandosi negli anni a svariate esigenze drammaturgiche, è approdata sul palco dell’Orlandismo: una pirotecnia che non consente imitazioni altrettanto riuscite.

La questione, a margine, appare comunque spinosa, nonché chiarissima: dove andremo a finire con il diffondersi di una ‘politica dello sgarbo’ che somiglia, ormai, a un decorativo, nonché metaforico, pernacchio, a una manifestazione cutanea di insofferenza, alla matita rossa che sottolinea il profilo di un immaginario reprobo, solo per prenderne le distanze?

I casi sono tanti, si rammenta, enumerandone alcuni. Fu – ricordate – il verace Gianfranco Miccichè, presidente pro tempore dell’Assemblea regionale siciliana, a definire il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, uno “stronzo”. E lo fece, col solito sorriso sornione che è il timbro delle più ardite sparate miccicheiane, ma lo fece. Ora, a prescindere da trafelate correzioni, marcette indietro e ganascini tra potenti, “stronzo” è la classica parola che non si presta a fraintendimenti. Quello è e rimane: un pernacchio.

E non furono alcuni tra i più impetuosi grillini – loro che adesso stanno attentissimi alla posateria del galateo istituzionale – ad alzarsi in piedi, in quel di Palazzo dei Normanni, al cospetto della presidente di Malta, per protestare in occasione della vicenda ‘Aquarius’? Un atto politicamente legittimo, per carità, ognuno sceglie di darsi la visibilità che crede. Ma chi di sgarbo ferisce…

E cos’altro aggiungere del già citato ministro degli Interni, il tonitruante Matteo Salvini, di cui si riconosce quale marchio di fabbrica, nel bene e nel male, un impeto che oltrepassa, spesso, i ristretti confini estetici delle asole istituzionali? Pure nel Salvinismo gli esempi non mancano. Ne valga uno sugli altri: l’esternazione sui magistrati ‘non eletti’, successivamente riassorbita a fatica, a forza di note e distinguo. Non era, forse, simile a uno sgarbo?

Siamo, dunque – ecco la suggestione pseudo-scientifica – davanti a mondi lontanissimi, anzi irriducibili – Orlando, Miccichè, Salvini, i pentestellati – che diversamente convergono verso l’identica poetica aspra, la metafora del pernacchio.

E non è soltanto un vademecum infranto di pelose forme esteriori, di forchette al posto dei coltelli e viceversa. Di fondo si intravvede un’intolleranza sostanziale che ha abbandonato ogni minimo sindacale di dialogo intorno a un’idea comune, sposando la linea dell’oltranzismo, in barba alle istituzioni e ai ruoli. Nemmeno il caffè insieme sarà più permesso, nella sequela di trincee e di accampamenti reciprocamente ostili, né ci saranno più linguaggi o sintassi per intendersi. E’ la politica dello sgarbo, bellezza. Per ora, ahinoi, piace davvero a troppi.


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