Lombardo, zitti e mosca - Live Sicilia

Lombardo, zitti e mosca

Succedono cose strane a Catania. Non si inventa nulla. Gli articoli di cronaca parlano chiaro. Un passo indietro. “I fratelli Lombardo e la mafia, taglia corto il procuratore Capo Giovanni Salvi: “I contatti ci sono stati, ma è in corso di valutazione la qualificazione dei fatti alla luce della sentenza Mannino”. Poche battute raccolte dall’Agi scandiscono il tempo nella calda mattinata del tribunale di Catania. A porte chiuse, l’udienza disposta dal Gip Luigi Barone ha consentito il confronto tra accusa e difesa sui fatti contestati al presidente della Regione Raffaele Lombardo e al fratello Angelo, deputato dell’Mpa. Non si nega più l’esistenza dei contatti, ma adesso si punta l’attenzione sulla “qualificazione” penale dei fatti. In pratica, ammesso che Raffaele Lombardo abbia incontrato il boss Rosario Di Dio o Raffaele Bevilacqua, o altri, il Gip sta valutando con attenzione quale fattispecie di reato contestare, ma soprattutto quale fattispecie di reato potrebbe essere idonea a sostenere l’accusa in giudizio”.

Appena ieri, Antonio Condorelli ha raccontato una storia parallela: “Sfilano pezzi da novanta della Cosa Nostra sicula nel processo che vede rinviati a giudizio Raffaele e Angelo Lombardo con l’accusa di corruzione elettorale. (…) l Il pm Patanè aggiunge: “Conosce Francesco La Rocca detto Ciccio?”. Si tratta dello storico capomafia del Calatino che prima dell’ultimo arresto si stava accreditando come punto di riferimento regionale nella Cosa Nostra siciliana. “Non ricordo se l’ho conosciuto al carcere -risponde Jacona- ma Maurizio La Rosa mi aveva detto che Francesco La Rocca teneva in mano il presidente Lombardo e lo giostrava come voleva lui, lo teneva in mano sua. Ciccio La Rocca aveva in mano mezza Sicilia e voleva riunire tutta la Sicilia”.

E’ da un po’ che nelle aule di giustizia si chiacchiera del presidente della Regione e delle sue frequentazioni. Che saranno – come dubitarne – giuridicamente irrilevanti, o dovute all’ingombro di una relazione politico-umana passeggera, una di quelle  fastidiose conoscenze che si consumano nell’arco di un caffè bollente. O ancora meno: semplici incidenti di percorso. Eppure, il fatto che il governatore di Sicilia venga raccontato da personaggi non certo commendevoli come un uomo pubblico “che poteva essere giostrato”, non provoca reazioni. Nemmeno un fremito nel corpo inerte della politica. Neanche un comunicato per sbaglio. Un sopracciglio alzato? No. A prescindere dalla questione giudiziaria, ci sono pentiti che lasciano cadere affermazioni tremende su Raffaele Lombardo.  E non ce n’è uno che abbozzi un cenno, magari per difendere il medesimo dall’oscura trama di depistaggi che i soliti collaboratori prezzolati gli starebbero usando contro, etc, etc… Non si muove foglia. Zitti e mosca.

Sì, accadono cose strane tra Catania e Palermo. L’ultimo giorno l’abbiamo passato in compagnia del caso Faraone. Un video montato con sapienza, quattro voci dall’accento siciliano sullo sfondo, il mistero di via Mozart… Ed ecco che si è sollevata l’indignazione popolare che scatta, evidentemente, ormai a comando. Cioè, quando qualcuno decide di schiacchiare un pulsante. Come mai gli arditi di tv e giornali non si sono troppo occupati, con abbondanza di rilievi, di certe parole nelle aule di giustizia che riguardano la massima carica della Regione? Non c’era nemmeno bisogno della telecamera nascosta. Erano lì, a portata di occhi e orecchie. Una dimenticanza? C’è più gusto a rubare frasi che  a registrarle? Il silenzio della politica e la morbidezza dei media sul caso Lombardo stridono con il buonsenso e con la logica. Perché tanta superficialità?

Ci sarebbero diverse interpretazioni, diversamente plausibili. Chi scrive propende per la via siciliana. In Sicilia, un potente – finché è potente – non si tocca. Si lincia e si calpesta quando cade a terra, prima no. Quando un potente è davvero potente, meglio girare alla larga. Ora, Raffaele Lombardo, è il re indiscusso, con lo stellone in poppa. La sua bandiera garrisce al vento. Le ultime vicende politiche di Palermo gli danno ampi motivi per sorridere. Il rovescio della medaglia è il volto sfatto di un’isola male amministrata, povera e alla deriva, retta da un personaggio pubblico che dovrebbe fornire alcune precisazioni sulla sua condotta e sulle sue amicizie. Spiegazioni vere, intendiamo, non schermaglie dialettiche. Non accadrà. Raffaele Lombardo resterà zitto e si godrà il panorama dalla torre robusta che vigila sulla vastita dei suoi domini. Ha consegnato il Pd nelle mani dei suoi amici. Il suo astro brilla. E se non si parla di Lombardo, perché mai dovrebbe parlare proprio Lombardo? Il silenzio logora chi non ce l’ha.  Se nessuno rompe il mutismo, chi dovrebbe infrangerlo? Lui, Raffaele?


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