CATANIA – Ha deciso di parlare Michael Sanfilippo. Le lunghe giornate in carcere lo hanno convinto che non c’era altra strada. Se non quella della collaborazione, come già aveva fatto il fratello Martino ad Agosto. È il 4 giugno 2021. Dal carcere di Ragusa arriva alla Procura di Catania una missiva urgente: Michael Sanfilippo vuole sentire un magistrato. In quel primo verbale illustrativo, mette nero su bianco il gip di Venezia che ha convalidato il fermo di Sam Privitera (che ieri ha fatto dichiarazioni spontanee smentendo le accuse), confessa di essere “l’autore materiale dell’omicidio di Vincenzo Timonieri e di essere disponibile a indicare dove sarebbe stato possibile trovare il corpo”. E anche la macchina dove sarebbe accaduto l’omicidio.
Michael sarebbe stato convocato da Natalino Nizza e Sam Privitera i primi di febbraio. Va premesso che Sanfilippo ha un passato nelle file dei Cursoti Milanesi, ma che dopo il conflitto a fuoco di agosto e la decisione del fratello di pentirsi migra “nel gruppo dei Nizza” grazie alla parentela con Privitera, che avrebbe un ruolo di vertici a Librino. Mentre Nizza sarebbe il ‘capo’ di San Cristoforo.
A quella riunione “i due mi hanno comunicato – racconta Sanfilippo – che occorreva eliminare Timonieri perché stava creando un proprio canale di approvvigionamento di sostanze stupefacenti, era diventato ingombrante e pensavano che primo o poi quest’ultimo avrebbe potuto ucciderlo”.
L’omicidio sarebbe stato pianificato “nel dettaglio” nel corso di un secondo appuntamento a casa di Privitera. Dopo “mi sono recato a Vaccarizzo con Ninni a scavare la buca. Ninni sapeva solo che sarebbe servito a custodire le armi”. Poi Sanfilippo sarebbe andato al viale Grimaldi a procurarsi la macchina (una Fiat Seicento blu rubata) e la pistola (una calibro 9×21) che serviva per uccidere Timonieri. Una volta in auto Michael avrebbe confidato a Ninni il progetto di sangue.
A casa di Sam Privitera sono arrivati, nel tardo pomeriggio del 12 febbraio 2021, Natale Nizza con Enzo Timonieri e il proprietario dell’appartamento. “Natalino Nizza disse che tutti e quattro (tranne Sam) dovevamo andare a recuperare le armi custodite nel borsone dei Cursoti nella mia disponibilità. Nizza ha fatto finta di venire con noi per non insospettire Timonieri”. Ma il nipote del rampollo Andrea e figlio di Giovanni Nizza ‘detto Banana poco dopo con una scusa è sceso dall’auto.
A quel punto “abbiamo ripreso la marcia, mio fratello Ninni guidava l’auto, Timonieri era seduto lato passeggeri anteriore e io ero seduto sul sedile posteriore dietro al Timonieri. Ci siamo diretti verso Vaccarizzo e dopo aver fatto la rotonda ho esploso – racconta Michael Sanfilippo – ho sparato tre colpi di pistola alla testa. Abbiamo proseguito oltre Vaccarizzo e arrivati nel pressi di una buca che io e mio fratello avevamo preparato il giorno prima, abbiamo sotterrato il cadavere del Timonieri”.
Quello stesso giorno l’aspirante collaboratore ha condotto i carabinieri nel villaggio Vaccarizzo Delfino nei pressi di via Pagario dove è stato trovato il cadavere.
Il killer si sarebbe disfatto dei due cellulari di Timonieri, uno lo avrebbe gettato nel Simeto l’altro invece sarebbe andato distrutto nell’incendio dell’auto a viale Bummacaro. Qui i carabinieri hanno trovato i “residui di combustione”. La pistola con due bossoli è stata tagliata e poi gettata a mare.
Per avvertire i mandanti che gli ordini erano stati eseguiti, Michael Sanfilippo avrebbe inviato via whatsapp a Privitera “un cuore”. Inoltre per depistare possibili intercettazioni, i quattro avrebbero concordato che quando si doveva parlare per qualche motivo dell’omicidio di Enzo Timonieri, il nome in codice sarebbe stato “cavallo”.