Il gelataio e i racconti indimostrabili su Matteo Messina Denaro

Il gelataio, Messina Denaro malato e i racconti indimostrabili

Cosa dice l'uomo che ospitò i fratelli Graviano di Brancaccio

PALERMO – “E se Matteo Matteo Messina Denaro si consegnasse perché è molto malato?” L’interrogativo Salvatore Baiardo lo aveva lanciato la settimana scorsa, ospite del salotto televisivo di Massimo Giletti.

Ieri “Il Gazzettino” ha riferito dei verbali di Baiardo, gelataio di Omegna che ospitò i fratelli Graviano, boss stragisti di Brancaccio. Si parla della presenza del latitante, una decina di anni fa, in Veneto e viene ribadita l’idea che Messina Denaro, malato, possa decidere di porre fine alla latitanza.

La sua è una variazione sul tema dell’arresto del capomafia di Castelvetrano dato più volte per imminente. Tutti i procuratori della Direzione nazionale antimafia che si sono succeduti negli anni si sono mostrati iper fiduciosi. “Ora puntiamo al boss trapanese Matteo Messina Denaro”, disse Pietro Grasso nel 2009.

“Dei capi di Cosa nostra ne manca solo uno: Matteo Messina Denaro. Lo prenderemo”, annunciò nel 2015 Franco Roberti, successore di Grasso.

“Sarà proprio l’anno della fine della sua latitanza”, disse Federico Cafiero de Raho, oggi deputato del Movimento 5 Stelle, il quale un anno dopo fu ancora più pragmatico: “Lo arresteremo a breve”.

Baiardo adombra sospetti. Si spinge a ipotizzare che Messina Denaro intenda barattare il suo arresto con un “regalino” e cioè un passo indietro del nuovo governo sull’ergastolo ostativo che tanto spaventa i boss. Perché “sono quelle trattative che tu mi dai una cosa a me e io a te, come le trattative addietro…”.

Su Baiardo in passato si è già indagato quando disse ai carabinieri di essere pronto a collaborare ma chiedeva tanti soldi in cambio, seppure offrisse informazioni bollate dagli investigatori come “del tutto inattendibili”.

Poi è rispuntato, qualche mese fa, consegnando a Report mirabolanti rivelazioni sugli investimenti di Silvio Berlusconi e il ruolo di Marcello Dell’Utri. Ha sostenuto che ci siano più agende rosse di Paolo Borsellino in circolazione e in mano a chi continua a ricattare lo Stato tre decenni dopo le stragi.

Ora le nuove rivelazioni. L’unica speranza è che le sue parole – indimostrabili e non verificabili come spesso accade nell’affollata schiera di chi si presenta come depositario della verità – almeno siano di buon auspicio e si arrivi davvero alla cattura di Messina Denaro.


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