ADRANO (CATANIA) – Sarebbero in arrivo importanti sconti di pena, in appello, al processo “Adrano Libera”, dal titolo dell’inchiesta della polizia che ha tolto i veli sugli affari del clan Santangelo-Taccuini. Ieri mattina in aula, dinanzi alla Corte d’appello di Catania, sono state depositate richieste di concordato presentate dagli avvocati della maggior parte degli imputati, che sono in tutto 30. I concordati tra difesa e accusa dovranno comunque essere ratificati, o meno, dalla Corte.
Il rinvio
I giudici per questo hanno rinviato, proprio al fine di pronunciarsi sulle richieste di concordato, al prossimo 8 marzo. La cosca dei Santangelo, si ricorda, è uno dei gruppi più attivi del clan Santapaola-Ercolano. Dinanzi ai giudici sono comparsi ieri mattina coloro che sono stati condannati in primo grado, un anno e mezzo fa, dalla Gup di Catania Anna Maria Cristaldi.
I capi
Tre degli imputati sono i presunti capi. Sono Gianni Santangelo, Toni Ugo Scravaglieri e Antonino Bulla. I tre, che in primo grado hanno preso 20 anni, secondo l’accusa avrebbero “promosso, organizzato o diretto” l’associazione mafiosa. In aula è presente come parte civile il Comune di Adrano. L’inchiesta è stata condotta dal Commissariato di Adrano e dalla Squadra Mobile di Catania.
Le accuse
Le accuse vanno dall’associazione a delinquere di stampo mafioso all’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti. Nello specifico, l’organizzazione criminale avrebbe trafficato in cocaina, eroina e marijuana. Tra le accuse contestate a vario titolo agli imputati, tra cui anche Santangelo, Scravaglieri e Bulla, c’è anche il furto con scasso del bancomat della Banca Credem di Adrano, avvenuto il 13 dicembre 2017. Avrebbero usato dei mezzi rubati a Santa Maria di Licodia e a Biancavilla, un escavatore e un camion. Con quelli avrebbero letteralmente scavato le pareti. Quel colpo avrebbe portato alle casse del clan Santangelo oltre 24 mila euro.
Per gli altri imputati le pene vanno da 4 a 20 anni.