Maniscalchi: 'Il Covid è subdolo, più terze dosi in ospedale'

Maniscalchi: ‘Il Covid è subdolo, più terze dosi in ospedale’

La situazione al pronto soccorso Covid dell'ospedale 'Cervello'.
PALERMO, INTERVISTA AL PRIMARIO
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PALERMO – Tiziana Maniscalchi, primario del pronto soccorso Covid dell’ospedale ‘Cervello’, ha imparato a conoscere il mostro da vicino, dopo lunghi mesi di battaglia. E, nella mutevolezza dei contesti, la sua posizione non è cambiata: “Il Covid è un nemico subdolo, insidioso. Gli diamo forza quando lo sottovalutiamo, quando lo prendiamo sottogamba. Allora diventa pericolosissimo. I contagi stanno risalendo. Bisogna tenere d’occhio la situazione”.

Dottoressa Maniscalchi, è preoccupata per il numero infezioni? Oggi è più basso, ma abbiamo toccato picchi importanti.
“La preoccupazione, in ospedale, è un lusso che non possiamo permetterci. Stiamo con gli occhi aperti. Dal punto di vista del pronto soccorso, la situazione non è cambiata molto”.

In che senso?
“Abbiamo sempre trenta-quaranta accessi al giorno. Un numero stabile. Ci sono i non vaccinati e restano sempre gravissimi. Ci sono anche più vaccinati con terze dosi che hanno magari delle polmoniti, ma con una possibilità di protezione e di ripresa molto forte, perché si sono protetti”.

Omicron è una variante più leggera?
“Per i vaccinati con tre dosi, credo che si possa dire di sì. Per i non vaccinati no. Ma l’aumento dei contagi, via via che il booster si allontana nel tempo, ci suggerisce che, presto, dovremo organizzare le quarte dosi per tutti o per quasi tutti. Fino a quando non avremo un vaccino aggiornato e potremo programmare la campagna con più serenità”.

Chi sono i nuovi pazienti, se si può dire così?
“Arrivano più sanitari, cioè persone che hanno una terza dose già distante. Non stanno malissimo, anche se i fragili hanno bisogno di una assistenza tempestiva. Ci sono tanti colleghi, perché in corsia stanno aumentando i cluster. E anche questo conferma la grande diffusività del Covid, adesso. Maggiore rispetto al passato”.

E poi?
“Per quello che possiamo osservare, ci sono molte più famiglie, con una schema tipico: i ragazzi, che vanno a scuola, contagiano il resto dei componenti. E se i genitori o i nonni hanno patologie preesistenti o condizioni particolari, spesso, vengono qui”.

L’emergenza allora non è finita?
“Sì, invece. Ma soltanto nel senso che non possiamo più definirla un’emergenza. Il Covid rimarrà come un fatto strutturale per molti anni e, a poco a poco, con i vaccini e con l’attenzione, dovremo adeguare il nostro stile di vita alla novità”.

Significa che non riavremo più la nostra normalità?
“Significa che la riavremo, ma, come dicevo, con gli occhi aperti”.


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