"Medici complici del boss" |Ecco il sistema svelato dalla Dia - Live Sicilia

“Medici complici del boss” |Ecco il sistema svelato dalla Dia

Maurizio Galletta avrebbe seguito le orme del cugino boss Maurizio Zuccaro. I retroscena dell'inchiesta Lazarus.

CATANIA – Alcuni professionisti potrebbero passare dei guai. Quasi una profezia le parole del cardiologo del Policlinico che intercettato dalla Dia parlava delle possibili ripercussioni in cui sarebbero potuti incappare i medici che avevano “attestato” le condizioni di salute dell’ergastolano Maurizio Galletta. Condizioni cliniche “incompatibili” con il regime carcerario. Ieri, infatti, i professionisti sono finiti in un terremoto giudiziario che li vedrebbe complici dell’esponente del gruppo armato di Maurizio Zuccaro e di un sistema messo in piedi per evitare il carcere. Galletta infatti, condannato per tre omicidi, da quasi dieci anni sconta l’ergastolo in una casetta di Vaccarizzo. I medici finiti nel registro degli indagati avrebbero palesato un aggravamento delle patologie del cugino di Maurizio Zuccaro, vertice della cosca Santapaola – Ercolano. Un quadro clinico che gli ha permesso di ottenere i domiciliari e anche sovvenzioni da parte dell’Inps. Certificazioni mediche “gonfiate” dunque, ma anche strategie e imitazioni (quasi da premio oscar) del killer Galletta. Il cardiologo è chiaro nelle intercettazioni: se il boss fosse stato visitato in un ospedale militare, la patologia dell’insufficienza cardiaca “sarebbe caduta”.

TRADITO DALLE TELECAMERE – La Dia ha piazzato le cimici all’interno dell’ospedale Policlinico. Ha messo una telecamera davanti al cortiletto di casa Galetta. L’ergastolano è stato pedinato e monitorato. Le telecamere mostrano Galletta con mascherina e carrozzina in alcuni momenti, ma anche Galletta con ramazza e paletta in mano, senza alcun ausilio per la mobilità. Ieri, quando sono arrivati gli ufficiali della Dia per arrestarlo, è uscito da casa con le stampelle. Immagini che si contraddicono tra loro e che per gli investigatori della Dia – guidati da Renato Panvino – rappresentano la prova dei sotterfugi costruiti grazie alla complicità dei medici. Una truffa in piena regola per gli investigatori, che riporta alla memoria la storia giudiziaria di Alessandro Bonaccorsi, esponente dei Cappello, che aveva tentato con “l’aiuto di un medico” di ottenere gli arresti domiciliari.

SULLE ORME DI ZUCCARO – Gli investigatori hanno messo a confronto Maurizio Galletta con i comportamenti del cugino, Maurizio Zuccaro, parente di Salvatore Santapaola (fratello del capomafia Nitto). Alcuni anni fa il boss è stato immortalato dai carabinieri mentre si praticava degli auto salassi, grossi prelievi di sangue, per poter aggravare le sue condizioni cliniche e poter beneficiare di regimi alternativi alla detenzione in carcere. Zuccaro deve scontare una pena definitiva all’ergastolo per l’omicidio di Salvatore Vittorio. Le sue condizioni di salute lo portano a scontare la pena ai domiciliari, ma Zuccaro nel 2013 torna in carcere perché accusato dalla Dda di essere il mandante dell’omicidio di Vito Bonanno, freddato davanti all’Etna Bar nel 1995 (il processo di primo grado è terminato con una condanna all’ergastolo). Passano pochi mesi e per Zuccaro arriva l’ordinanza per il delitto di Gino Ilardo, la Procura lo indica come l’organizzatore dell’uccisione dell’infiltrato Oriente crivellato di colpi nel 1996. Zuccaro, ad un certo punto, finisce agli arresti domiciliari ospedalieri. Qualcosa però non convince la magistratura che fa installare delle telecamere: Maurizio Zuccaro, in bagno, si procura degli auto salassi in modo da poter peggiorare i valori dei test di laboratorio. Scoppia il caso, le immagini finiranno al centro anche di una trasmissione Rai. Galletta avrebbe seguito “le orme” del cugino, ma questa volta avrebbe avuto la “compiacenza” di alcuni medici. Dal 1996 al 2008 Maurizio Galletta ha cambiato diversi istituti penitenziari fino all’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza che ha “concesso”, nel 2008,  la scarcerazione e l’espiazione della pena a casa. Ieri però si sono aperte le porte del carcere.

“LE CENTO LIRE NEL CADAVERE” – Maurizio Galletta ha collezionato tre accuse di omicidio. Condannato per il duplice delitto di Angelo Di Pietro e di Giulio Magri e quello di Salvatore Vittorio, boss di primo piano del gruppo “Savasta”. Il cadavere fu trovato nel 2011, quasi cinque anni dopo la sua uccisione a Vaccarizzo. Stranamente al pm Pasquale Pacifico arriva una lettera anonima con le indicazioni per trovare un corpo. Il mittente nella busta è Salvatore Vittorio. In un pozzo vengono ritrovati i resti umani: l’esame del Dna attesterà che sono proprio quelle dell’esponente del clan Savasta. Nel cadavere fu trovata anche una moneta da cento lire, un modo per dire che “parlava troppo e valeva meno di cento lire”. Turi Vittorio sarebbe una vittima di lupara bianca: la verità processuale ha attestato che ad ammazzarlo sia stato Maurizio Galletta, mentre a firmare la sua condanna a morte sia stato Maurizio Zuccaro.

“IL KILLER A PASSEGGIO” – Quanto raccontato ieri è uno scenario di indizi e indagini. Sarà un processo a fornirci una verità, almeno giudiziaria. Ma se quanto ricostruito dagli inquirenti sarebbe confermato da una sentenza, allora vorrà dire che grazie alla “compiacenza” di alcuni camici bianchi un killer dei Santapoala ha potuto “passeggiare” tranquillamente e liberamente “ostentando il suo carisma criminale – scrivono gli inquirenti – al popolo”.


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