"Mio figlio Aldo ucciso prima di Rosolino, le discoteche sono una trincea"

“Il mio Aldo ucciso prima di Rosolino, le discoteche sono una trincea”

L'omicidio di via Calvi. E la tragica storia di Aldo Naro
VIOLENZA E MOVIDA
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PALERMO- Non si può chiedere a Rosario Naro, papà di Aldo, ucciso in una discoteca quasi nove anni fa, se l’ultimo omicidio di Palermo – con un’altra discoteca sullo sfondo della tragedia – accentui il suo dolore di padre, per la perdita di un figlio, sulla scorta della cronaca e della memoria. Non si può perché quella ferita che acceca, che toglie il sonno e che morde il cuore Rosario e sua moglie Anna Maria la sperimentano ogni giorno di pena, in ogni istante. Non c’è mai sollievo. Non hanno certo bisogno che qualcuno gli ricordi di essere orfani del loro amatissimo ragazzo.

Al generale dei carabinieri a riposo Rosario Naro possiamo solo chiedere cosa ne pensa. La violenza di via Calvi , con la morte di Rosolino Celesia, ha contorni e protagonisti diversi dalla storia del giovane medico massacrato allo Zen. Ogni vicenda è, di per sé, irriducibile. Ma è come se fosse sempre in agguato l’onda di una ferocia che ritorna e che sconvolge l’esistenza di chi ne viene sommerso.

“Ancora famiglie che soffrono”

“No, non ci sono troppe similitudini – dice il generale -, se non appena qualcuna. Il teatro degli eventi è una discoteca e anche qui c’è un minorenne coinvolto che ha confessato. Ho letto delle perplessità e dei dubbi… Saranno gli inquirenti a valutare. Ma, come cittadini e come genitori, siamo sconvolti. Ci sono ancora famiglie che soffrono e che piangono. Noi sappiamo bene cos’è la ferita che abbiamo subìto. Da quasi nove anni, da quando Aldo non c’è più, non è più Natale, non facciamo nemmeno l’albero. Però, non smettiamo di chiedere verità e giustizia. Ci sono tre imputati per omicidio e ripetiamo che, a uccidere Aldo, non può essere stato soltanto il minorenne già condannato. La responsabilità non è certamente di uno solo, anche se abbiamo dovuto riascoltare, al processo, una teoria secondo cui tutto quello che ha dovuto soffrire mio figlio, le fratture, le lesioni, le ferite, le emorragie, sarebbe stato provocato da un unico calcio”.

“Le discoteche sono una trincea”

Rosario Naro, nella sua lunga carriera professionale, con l’uniforme dell’Arma, ne ha viste tante, ha conosciuto la cronaca nera da vicino ed è, dunque, in grado di fornire un parere approfondito su quello che abbiamo sotto gli occhi e che sgomenta. “Le risorse per la sicurezza sono limitate – spiega – mentre cresce la microcriminalità proprio a livello di bande. Le discoteche rappresentano una trincea pericolosissima. Non parlo, ovviamente, del caso specifico, dell’omicidio Celesia, di cui so soltanto quello che leggo. Dico che c’è un ambiente dove, spesso, ci sono lo spaccio, le estorsioni, le risse. Alle volte, è sufficiente il semplice sguardo a una ragazza per scatenare l’inferno”.

Il ricordo è lì, presente, sale a galla: “Mio figlio non c’entrava niente con le discoteche e non era un violento. Era un giovane meraviglioso e si poneva sempre come mediatore, per la pace e la concordia. Lo hanno brutalmente massacrato – dice il generale Naro -. Ma sentiamo che la verità e vicina. Io e mia moglie non moriremo senza conoscere tutta la verità”.


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