Il governo del compromesso | Prove di dialogo all'Ars - Live Sicilia

Il governo del compromesso | Prove di dialogo all’Ars

Ieri il sì in commissione al ddl salvaimprese è il frutto di un accordo con i partiti del centrodestra. Il governo, dopo il rimpasto, non ha i numeri a Sala d'Ercole. Tredici deputati sono, di fatto, all'opposizione. Così, Crocetta dovrà discutere con la minoranza ogni provvedimento.

PALERMO – Passa in Commissione bilancio il ddl sui pagamenti alle imprese. E l’opposizione esulta. Che succede? Il governo, nello stesso momento in cui sembra incassare un risultato positivo, prende atto delle difficoltà all’orizzonte. Della necessità di un modo diverso di dialogare col parlamento. Dove bisognerà andare a cercare il consenso, un po’ dovunque.

Così, ieri il “salvaimprese” è passato nella versione voluta anche da Forza Italia. Due emendamenti, uno dei quali fatto proprio dal governo, infatti, hanno cambiato l’impostazione dell’esecutivo. Di quel testo, insomma, che era già persino giunto in Aula per la discussione generale, prima di essere ricacciato, appunto, in commissione. Lì, ieri si sono messi di traverso solo i deputati del Movimento cinque stelle. Che hanno anche chiesto il ritorno alle urne, ribadendo che oggi il governatore non può contare su una maggioranza parlamentare.

Ma il governo, già da ieri, ha deciso di andare incontro alle richieste di pezzi dell’opposizione. È iniziata l’era del dialogo? Forse. Oppure, l’era del compromesso. Tanto lontana da quella della “rivoluzione”. Oggi il governo si è reso conto di non avere la libertà di movimento che vorrebbe. Da adesso, almeno stando così le cose, Crocetta e il suo esecutivo saranno costretti a “chiedere il permesso” al centrodestra. A “contrattare” ogni passo. Ogni scelta. I numeri, infatti, in Aula non ci sono.

E se ieri in Commissione bilancio, tutto sommato, si è trovato un accordo non così difficile, assai diverso sarà per altri ddl, come la manovra-bis. Lì le scelte saranno dolorose. E il presidente della Commissione bilancio Nino Dina ha già precisato: “Sulle decisioni che hanno un interesse generale non ci sarà nessun ostruzionismo. Ma le scelte che hanno un carattere puramente politico saranno valutate molto attentamente. I soldi a disposizione non bastano per tutti, e bisognerà scegliere”. E su quelle scelte, il governo non avrà probabilmente l’ultima parola. Anzi. In alcuni casi le proposte che arriveranno dall’opposizione metteranno Crocetta e la sua squadra in grossa difficoltà.

Sempre i deputati di Forza Italia, ad esempio, hanno annunciato che, in vista della manovra-bis, chiederanno al presidente un “pacchetto” di interventi “in cambio” del sostegno al ddl. Ma questi interventi costringerebbero Crocetta a ingoiare un boccone amarissimo, visto che alle stesse richieste aveva detto di “no” in occasione della Finanziaria mutilata di qualche mese fa. Vale a dire l’abolizione dell’Esa, degli Iacp, degli Ato idrici e delle Srr, col passaggio, in quest’ultimo caso, della gestione dei rifiuti interamente in mano ai Comuni. O Crocetta cambierà idea su questi punti, o l’opposizione si metterà di traverso. E a quel punto il governo si potrebbe trovare senza numeri.

“Questo governo è nato senza maggioranza” ha ricordato però anche ieri Crocetta. Ed è in parte vero. Ma nel frattempo sono passati 15 mesi. E a Sala d’Ercole la maggioranza è via via cresciuta, grazie soprattutto alla nascita di Articolo 4 e Drs che hanno saputo “attrarre” deputati eletti con le forze politiche inizialmente avverse a Crocetta.

Ma il rimpasto del governatore ha vanificato questo sforzo. E, provocando la spaccatura dei due più grossi alleati (Pd e Udc) ha visto assottigliarsi una maggioranza che aveva ampiamente superato quota 50. E che adesso si trova al di sotto dei 40 deputati. Insomma, il governatore ha creato le condizioni per trasformare il parlamento in quel metaforico “Vietnam”, terra di imboscate e brutte sorprese che in qualche modo si era intravisto nel corso dell’iter della legge sulle Province.

Chi sono, oggi, i deputati su cui può certamente contare il governatore? Il Pd, come detto, si è clamorosamente spaccato. Le frizioni tra Crocetta e il segretario regionale Raciti, le accuse all’area dei ‘cuperliani’, gli strappi sulla nomina dei manager della Sanità e ovviamente sui nuovi assessori hanno condotto buona parte del gruppo democratico in quella condizione paradossale descritta ieri da Antonello Cracolici: “Non so più che ruolo devo recitare in quest’Aula”. E Cracolici, ovviamente, rappresenta proprio quella porzione, assai consistente a dire il vero, del Pd che non si riconosce in un governo che, sempre per usare le parole dell’ex capogruppo, “non va bene”.

Quel governo, insomma, “non va bene” a molti deputati democratici. Visto che al momento in giunta sono rappresentate solo le aree che fanno capo ai renziani (con Giuseppe Bruno e, stando a quanto precisato dallo stesso assessore, Mariarita Sgarlata), all’ex segretario Lupo (con Roberto Agnello) e Crocetta (con la conferma di Nelli Scilabra). Così, il governatore non potrà essere certo, durante l’esame dei provvedimenti, per un motivo o per un altro, dell’appoggio oltre che di Cracolici, anche di Mario Alloro, Pippo Digiacomo, Bruno Marziano, Filippo Panarello, Giovanni Panepinto, Concetta Raia (che anche ieri ha ribadito: “questo governo non ha una maggioranza parlamentare, incontrerà tante difficoltà”), Franco Rinaldi e Mariella Maggio che è apparsa, però, più disposta a un tentativo di riavvicinamento: “E’ positiva – ha detto – l’apertura ad un dialogo nuovo del governatore Crocetta, mi auguro che questo dialogo si riavvii basandolo su un patto per un programma condiviso per l’avvio di una stagione politica capace di dare le risposte che i siciliani attendono”.

Al momento, però, i nove deputati, pur avendo escluso il cosiddetto “Aventino”, attendono un segnale. Che potrebbe giungere la prossima settimana, quando è previsto un incontro col vicesegretario nazionale del Pd Guerini alla presenza del segretario regionale Raciti, del capogruppo Gucciardi, del componente della segreteria nazionale Faraone e, appunto, del deputato regionale Antonello Cracolici. Si vedrà.

Nel frattempo, un chiarimento è atteso anche dai deputati dell’Udc che non hanno gradito la nuova nomina in giunta di Nico Torrisi e la conferma di Patrizia Valenti. Lillo Firetto, Nino Dina, Margherita La Rocca Ruvolo e Mimmo Turano chiedono un confronto anche alla presenza di Lorenzo Cesa. Un chiaro segno di malessere nei confronti della gestione del rimpasto portata avanti dal presidente del partito, Gianpiero D’Alia. Anche oggi, i centristi, che hanno deciso di non prendere parte alla conferenza stampa del partito sulle liste per le Europee, hanno evidenziato le divisioni descritte in Aula ieri dal capogruppo Firetto: “Il rimpasto ha provocato un ‘doppio esito’ nel mio gruppo”. Confermando quindi la spaccatura. E la “perdita” di altri quattro pezzi della maggioranza: “Anche in commissione – ha avvisato il presidente della Commissione bilancio Nino Dina – il governo dovrà dimostrare di avere i numeri, altrimenti andrà sotto”. Mentre qualche scontento, a sorpresa, si troverebbe anche tra i Drs (dove Forzese non ha gradito la gestione del ‘caso Fiumefreddo’) e tra i nuovi pezzi di maggioranza (anche Pippo Gianni ieri ha ribadito: “Serve la politica, un governo politico”).

In attesa di questi chiarimenti, il governatore osserva. Insistendo sul fatto che “le questioni interne ai partiti non devono avere riflessi sul governo”. Ma sapendo, nello stesso tempo, che non sarà così. Le fratture si ricomporranno solo se il governatore deciderà di mettere nuovamente mano alla sua freschissima giunta. Quella presentata appena ieri, in una Sala d’Ercole mai così divisa.


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