CATANIA- Processo Noce: in aula il consulente della difesa. Giuseppe Catalfo, è stato interrogato in aula per descrivere l’esito della perizia sulle condizioni mentali dell’imputato Loris Gagliano, condannato in primo grado all’ergastolo per l’omicidio dell’ex fidanzata Stefania Noce e del nonno di lei Paolo Miano. L’udienza fiume di quattro ore si è aperta con la ripresa della deposizione di Filippo Lanaia. Il perito nominato dalle parti civili ha risposto alle domande del giudice Luigi Russo sulle condizioni mentali dell’imputato illustrate durante l’udienza precedente.
Lanaia ha ribadito la necessità di escludere in Gagliano “un delirio di tipo paranoico”. Un fenomeno questo che “si esplicherebbe nei confronti di un’intera società e nell’insieme complessivo della vita relazionale non nei confronti di una singola persona”. Secondo il consulente di parte civile, inoltre, non ci sarebbero altre manifestazioni in grado di tinteggiare un profilo paranoico dell’imputato. Al centro dell’udienza le dichiarazioni rese da Gagliano, a tre giorni di distanza dall’omicidio, in sede d’interrogatorio, davanti al Gip. L’episodio è il primo “atto” al quale l’imputato prende parte dopo il “fatto” delittuoso.
Lanai, rispondendo alle domande del giudice di Corte d’Appello, ha affermato che “uno stato paranoico non può cessare all’improvviso”. Diverso il parere del consulente della difesa Giuseppe Catalfo che, illustrando l’esito del suo esame, ha parlato di un disturbo a fasi alterne: “Un’oscillazione del quadro psicopatologico”. Al centro della sua tesi c’è “il funzionamento dell’organizzazione di personalità”, nel caso di Gagliano di tipo “borderline” cioè tendente “a uno scivolamento verso quello psicotico che si verifica quando il soggetto è sottoposto a uno stress importante”.
Durante il fatto si sarebbe verificato questo “scivolamento”. Il consulente della difesa ha parlato, inoltre, di un soggetto fragile, impaurito dalla possibilità di perdere la propria identità dopo un evento traumatico come la rottura di un rapporto affettivo che costituiva “un esoscheletro” su quale l’imputato si sorreggeva. Gagliano, dunque, sarebbe affetto da una semi infermità e non sarebbe in grado di stare in giudizio. Un parere che diverge da quelli delle perizie effettuate dagli altri consulenti.
Per i periti Bruno e Calabresi l’imputato sarebbe stato “semi infermo al momento del delitto”, ma in grado di partecipare al processo. Per il consulente delle parti civili in Gagliano, capace di intendere e volere, “non ci sarebbe alcuna alterazione psichica”. Sulla sua diagnosi Catalfo è stato interrogato dal Procuratore Generale che ha evidenziato come una caratterizzazione “stabile” come l’organizzazione della personalità non si sia mai manifestata nel passato dell’imputato, l’avvocato Trantino ha chiesto al consulente se uno studente di psicologia come il Gagliano potesse orientare il test delle macchie di Rorschach (quello effettuato dai periti e sulla cui attendibilità la comunità scientifica si trova divisa). La risposta del consulente è stata negativa.
Il test non sarebbe “falsificabile”, in ogni caso degli esperti si sarebbero resi conto del tentativo di manipolazione. Risposte “esaurienti e in grado di spiegare i fatti” per l’avvocato della difesa, Giuseppe Rabbito: “Adesso sarà il giudice a tirare le somme”. Diverso il giudizio degli avvocati di parte civile per i quali Gagliano tenta di simulare l’infermità per orientare il processo. La perizia della difesa “si basa su elementi deboli” secondo l’avvocato Pier Paolo Montalto, legale del padre di Stefania. “Ci sono riferimenti a presunti profili patologici che non si fondano su criteri oggettivi, la perizia è semplicemente uno strumento difensivo per sostenere la chiara linea dell’avvocato cioè l’incapacità di intendere e volere”. “La consulenza tecnica d’ufficio – continua il legale- dice che non esiste una documentazione sufficiente per dimostrare lo stato patologico del soggetto: questo è il punto di partenza”. Bruno e Calabrese hanno certificato “la capacità piena di stare in giudizio, cosa che presuppone la fine di questo processo perché l’imputato ha rinunciato al suo atto d’impugnazione”