"Ucciso per aver offeso Lo Presti" | Parla il pentito Galatolo - Live Sicilia

“Ucciso per aver offeso Lo Presti” | Parla il pentito Galatolo

La vittima, Giuseppe Di Giacomo, e il luogo dell'omicidio

Esclusivo. I verbali dell'ex boss dell'Acquasanta e aspirante collaboratore di giustizia, entrano nell'inchiesta sull'omicidio di Giuseppe Di Giacomo, freddato per le strade della Zisa nel marzo scorso.

PALERMO – “Giuseppe Di Giacomo aveva offeso Tommaso Lo Presti che voleva impadronirsi del mandamento e per questo fu ucciso”. I verbali di Vito Galatolo, boss dell’Acquasanta e aspirante collaboratore di giustizia, entrano nell’inchiesta sull’omicidio di Giuseppe Di Giacomo, freddato per le strade della Zisa nel marzo scorso. Un delitto eclatante vista la caratura della vittima, fratello di un killer ergastolano.

Nelle dichiarazioni di Galatolo, che dice di conoscere i segreti di questo e di altri delitti commessi in città, si fa riferimento al possibile mandante del delitto: “Lui mi dice il Graziano (Vincenzo Graziano, mafioso dell’Acquasanta di recente finito di nuovo in cella ndr) che l’omicidio Di Giacomo è stato avvenuto che forse… siccome era uscito Tommaso Lo Presti ‘u pacchiuni’, filgio di Totuccio, ed era uscito male intenzionato con tutti dice che si doveva prendere tutte cose nelle mani lui… ci dissi e che cos’è?… . ‘… è stato interno, forse c’è stata una riunione… mi hanno riferito che c’è stata una riunione’”.

Tommaso Lo Presti è stato per alcuni mesi uno degli scarcerati eccellenti della mafia palermitana. Indicato come il reggente della famiglia di Palermo Centro e di tutto il mandamento di Porta Nuova, è tornato in cella nell’aprile scorso dopo avere finito di scontare una condanna. Le informazioni raccolte sul territorio dagli investigatori dicono che dopo l’arresto di Alessandro D’Ambrogio, leader del mandamento di Porta Nuova, Di Giacomo aveva scalato le posizioni di potere, forte della parentela con il fratello Giovanni, killer ergastolano del gruppo di fuoco di Pippo Calò. Che Di Giacomo fosse il nuovo reggente emergerebbe dalle intercettazioni in carcere con il fratello prima di essere ammazzato.

Galatolo ha raccontato che Graziano avrebbe saputo “che forse il Di Giacomo Giuseppe gli avrebbe dato o uno schiaffo a Lo Presti Tommaso, il pacchione, o lo avrebbe offeso con la bocca… ci dissi è per questo lo hanno ucciso a Giuseppe?’. ‘Sì dice, ci sono stati discorsi interni, però il pacchione so… mi ha riferito questo fatto che è male intenzionato, perché si doveva prendere tutte cose nelle mani’”.

Su chi faceva parte del commando di morte Galatolo nulla dice di sapere: “… io posso sapere gli esecutori della mia casa, se erano fatti a casa mia, non in quella degli altri… non mi ci vado a informare chi è stato a uccidere Giuseppe Di Giacono”. Il fatto interno si riferirebbe alla scalata di Giacomo che qualcuno avrebbe fermato con il piombo. Galatolo non ha dubbi che la vittima da picicotto fosse diventato un pezzo grosso: “Comandava Alessandro D’Ambrogio, quando c’era D’Ambrogio erano tutti e due che gestivano…”.

Una scalata, quella di Di Giacomo, iniziata in carcere: “… perché eravamo al Pagliarelli assieme, prima di uscire… si sapeva che era vicino a D’Ambrogio e quello che gli mandava a dire Giuseppe, gli diceva a D’Ambrogio e D’Ambrogio faceva perché lui…portata tutti rapporti da suo fratello Giovanni… quello che ci risulta a noi, che sempre Giovanni il lungo è sempre quello che ci ha nelle mani Palermo centro”.

Le dichiarazioni di Galatolo collimano con gli spunti investigativi. Di Giacomo fu ucciso in maniera plateale, al calar della sera, vicino casa e in un’affollata via Eugenio L’Emiro. Chi lo ha crivellato di colpi – i killer arrivarono a bordo di uno scooter – voleva dare un segnale di potenza all’interno del mandamento. Doveva essere un monito per chi, come Di Giacomo, aveva alzato la testa.

 


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