PALERMO – I “ragazzi” chiesero scusa, si misero “in ginocchio”. Riconobbero il grave errore di avere aperto un’attività commerciale – un lavaggio – che faceva concorrenza ai mafiosi. Mafiosi che non potevano certo immaginare l’epilogo a loro sfavorevole. Quegli stessi ragazzi, alla fine, hanno deciso di denunciarli.
Fra Villabate e Bagheria, a una manciata di chilometri da Palermo, è andata in scena una ribellione di massa che nel capoluogo non c’è stata. Arresti e pentimenti a catena hanno dato fiducia ai commercianti. E così oggi possiamo raccontare storia di riscatto frutto di decine di denunce spontanee.
Il titolare del lavaggio, ma anche di un negozio di frutta e verdura di Villabate: “Nel periodo di Natale dell’anno scorso si è presentato nel nostro magazzino un soggetto alto, robusto che mi ha chiesto un obolo per i carcerati… a quel punto lui mi ha detto ‘perché lei i soldi a u stigghiuleddu non gliene dava?’”. A proferire quelle parole era stato Salvatore Sollima, picciotto di Bagheria che poi ha deciso di pentirsi.
Anche a Palermo le cose non vanno più come una volta. Si continua a pagare, ma arrivano pure le denunce. Pochissime spontanee, ma pur sempre di denunce si tratta. Come quelle di un pasticciere, del titolare di un chiosco di bibite e del proprietario di una trattoria nel cuore della città vecchia: “Ho il timore a raccontarvi ciò che da tempo sono costretto a subire alla luce di quanto ha dichiarato Chiarello… i miei problemi sono cominciati quando Antonino Abbate (un tempo reggente del Borgo, ndr) mi ha chiesto se potevo installare delle macchinette di poker nel mio locale… lo spazio a disposizione non era sufficiente… ai ripetuti rifiuti Abbate mi propose di versare 200 euro mensili per aiutare le famiglie dei carcerati”. Gli esattori erano via via diversi. Quando qualcuno finiva in carcere, ecco il nuovo picciotto farsi vivo. Francesco Chiarello, uomo del racket a Borgo Vecchio, oggi è si pentito. Per alcuni è stata una boccata di ossigeno. Anzi, di coraggio.
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