PALERMO – “Io sono uno di quelli che ha fatto la storia”, diceva di se stesso. Massimiliano Ficano aveva avuto “l’appoggio dei cristiani”, degli ergastolani, ed era diventato, secondo l’accusa, il nuovo capo della famiglia mafiosa di Bagheria. Da alcune ore è stato fermato dai carabinieri assieme ad altre sette persone, su ordine della Procura di Palermo.
“Si stessero a Palermo”
Si sentiva il depositario della tradizione “corlenoese”. A Bagheria non volevano ingerenze, neppure dei palermitani: “Si stessero a Palermo e quando devono venire qua devono devono bussare”.
Il vuoto di potere lasciato da una lunga stagione di arresti avrebbe portato Ficano al vertice, dopo avere finito di scontare una condanna per mafia.
“Perseo” 2008-2009, “Argo” 2013, “Reset” e “Reset 2” 2014, “Panta rei” 2015, “Cupola 2.0” 2018 e 2019: basta mettere una dietro l’altro le operazioni per capire quanto incessante sia stata l’azione dello Stato a Bagheria.
Nome in codice “Persefone”
Il blitz di stanotte, denominato Persefone, aggiunge un ulteriore tassello e ricostruisce il ruolo di Ficano,
uomo d’onore esperto che in passato ha gestito una parte della lunga latitanza di Bernardo Provenzano.
Ficano avrebbe contato su una squadra composta da Gino Catalano, Bartolomeo Scaduto, Giuseppe Cannata, Salvatore d’Acquisto, Giuseppe Sansone e Carmelo Fricano. Quest’ultimo è un anziano imprenditore edile, che tutti a Bagheria conoscono con il soprannome di “mezzo chilo”, considerato vicino allo storico capo mandamento detenuto Leonardo Greco. In passato diversi collaboratori di giustizia hanno parlato di Fricano come un prestanome del capomafia ergastolano.
