Palermo, mafia: "Ballarò regno dei Mulè, padre e figlio": 9 arresti

“A Palermo centro comandano i boss Mulè”: 9 fermi NOMI

Operazione della Dda e dei carabinieri del Nucleo investigativo

PALERMO – Ballarò è un’enclave della famiglia Mulè. Il padre Franco e il figlio Massimo dettavano legge nella famiglia mafiosa di Palermo centro, mandamento di Porta Nuova. Si davano appuntamento in una sala da barba per decidere ogni cosa, persino come andavano sistemate le bancarelle di uno dei mercati storici di Palermo.

I loro nomi aprono l’elenco dei nove fermati dai carabinieri del Nucleo investigativo del Comando provinciale su ordine del procuratore Maurizio de Lucia, dall’aggiunto Paolo Guido, e dai sostituti Giovanni Antoci, Gaspare Spedale e Luisa Bettiol.

Il padre ergastolano e l’inaspettata libertà

L’ultrasettantenne Mulè nel 2016 è passato dall’ergastolo alla libertà. E si sarebbe ripreso il potere, guidando la famiglia mafiosa (competente sui quartieri Capo, Ballarò, Kalsa e Vucciria) assieme al figlio. Ha trascorso 23 anni in carcere, ma avrebbe dovuto rimanerci per tutta la vita visto che era stato condannato anche per tre omicidi.

Ed invece arrivò l’inpaspettata conversione della pena in trent’anni in virtù della legge Carotti del 3 gennaio del 2000. Rimase in vigore fino al 24 novembre successivo. La norma prevedeva che con il rito abbreviato la condanna all’ergastolo potesse scendesse a trent’anni. Mulè, come altri imputati sotto processo in quell’anno, aveva già superato la fase dell’udienza preliminare, che è il momento in cui si può scegliere un rito alternativo qual è l’abbreviato.

E così Mulè, come altri boss, lasciarono il carcere in anticipo. L’anziano boss del mandamento di Porta Nuova, aveva pure trascorso l’ultimo periodo di detenzione agli arresti domiciliari per gravi motivi di salute.

Massimo Mulè

Il figlio condannato a piede libero

Massimo Mulè, soprannominato “u nicu”, (ha un fratello, Salvatore, detto “U papparieddu”, finì sotto accusa nell’inchiesta “Cupola 2.0” e cioè quella che ha bloccato sul nascere la rifondazione della commissione provinciale, inattiva dall’arresto di Riina.

Massimo Mulè, indicato con un capomafia, fu però scarcerato dal Riesame e in primo grado è stato assolto. Il processo di appello – i pm hanno impugnato l’assoluzione – è ancora in corso. Tornò in carcere poco dopo in un blitz che svelò l’imposizione mafiosa dei buttafuori nei locali notturni. Lo hanno condannato in primo grado a 6 anni, ma nel frattempo anche stavolta era tornato in libertà. La prossima settimana ci sarà la sentenza di appello e, secondo l’accusa, ci sarebbe il pericolo di fuga.

Pizzo e droga

Ora il nuovo e urgente fermo che deve passare al vaglio del giudice per le indagini preliminari. Secondo le indagini dei carabinieri del Nucleo investigativo, guidati dal tenente colonnello Salvatore Di Gesare, i Mulè riscuotevano il pizzo a tappeto (nessuno ha denunciato), a volte mascherando la raccolta dei soldi con la riffa, il sorteggio, di Cosa Nostra; decidevano come dovessero essere disposte le bancarelle nel mercato e quale merce si dovesse vendere per regolare la concorrenza; organizzavano traffici di droga. Ballarò e le strade vicine erano la loro enclave.

I nomi dei 9 fermati

Questo l’elenco completo delle persone fermate: Francesco Mulè, 75 anni, Massimo Mulè 50 anni, Gaetano Badalamenti, 53 anni, Francesco Lo Nardo, 63 anni, Giuseppe Mangiaracina, 42 anni, Alessandro Cutrona, 38 anni, Leandro Calogero Naso, 28 anni, Salvatore gioeli, 56 anni, Antonio Lo Coco, 67 anni.


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