Palermo: il boss autorizzò il furto, ma quei nomi incisi sulle fedi

Palermo: il boss autorizzò il furto, ma quei nomi incisi sulle fedi…

Un batteria di ladri fece irruzione in una villa, ma il colpo divenne un caso

PALERMO – Le fedi nuziali erano riconoscibili e il colpo divenne un caso. La rapina “me l’ha autorizzata Tommaso Lo Presti, per volere suo e l’ho dovuta fare”, ha raccontato il neo collaboratore di giustizia Alessio Puccio, ‘soldato’ specializzato in reati predatori per conto dei capi del mandamento di Porta Nuova. Uno di questi è stato certamente Lo Presti.

Fibrillazioni dopo il colpo

Nonostante l’autorizzazione, il colpo commesso nel 2013 allo Zen creò fibrillazioni. La merce, come imponeva la regola di Cosa Nostra, andava ripulita e riciclata attraverso la “Luca Trading srl” della famiglia Luca.

Quando Vincenzo Luca (uno degli arrestati nel blitz dei finanzieri del Nucleo di polizia valutaria) iniziò a controllare la refurtiva saltò sulla sedia: “… ha visto le fedi con le incisioni e con i nomi dice ‘questi sono i miei cugini gli hanno staccato la cassaforte stamattina allo Zen'”.

“Staccare la cassaforte”

Era stato necessario coinvolgere una batteria di rapinatori esperti per “staccare la cassaforte” in una villa allo Zen. Qualcuno capì subito la delicatezza della vicenda e “ha fermato la situazione”. Andò a parlarne con Onofrio Lipari, altro pezzo grosso a Porta Nuova, “dice le cose sono del cugino di Luca Vincenzo che dobbiamo fare?… dice e che deve fare sempre i picciuli c’avi a dare… sempre i soldi gli deve dare ai ragazzi, gliene dà di meno ma glieli deve dare”.

I Luca erano scontenti, “Tonino Abbate (altro cognome storico nella mafia di Palermo Centro) era siddiato”. Alla fine la merce fu pagata lo stesso, ma con uno sconto sul prezzo.

La persona che aveva proposto il colpo, dando la dritta giusta, “dice solo i ragazzi la sanno staccare sta cassaforte, qua non si fidano e allora hanno chiamato a noi, l’avevo staccata io personalmente… io ho fatto le chiavi in auto, gli ho raddoppiato le chiavi, già sapevamo che dentro c’era la cassaforte, siamo entrati col trapano, il palanchino, in una decina di minuti scarsi gliel’ho buttata a terra”.

“C’erano dei diamanti”

Il bottino fu grasso, non c’erano solo le fedi nuziali: “Allora c’erano dei diamanti imbusterati, sono dei diamanti dentro una scatola che dice la purezza, la taratura…che questi non si escono dalla scatola, il valore è proprio averli dentro la scatola e ce n’erano o 7 o 8 non mi ricordo, approssimativamente 600 grammi d’oro, questi li ho trovati all’interno della cassaforte però e 2.500 euro contanti penso, cento euro in più cento euro meno, quello è…”.

I boss dello Zen

Prima di muoversi i rapinatori allertarono i mafiosi dello Zen: “A me è stato detto si deve fare qua me lo hanno detto là sotto, io sono arrivato allo Zen c’ero arrivato tramite Sandro Diele, poi c’è stato l’arresto di Sandro Diele e questa cosa l’ha gestita Onofrio Terracchio (condannato con sentenza definitiva), che è stato arrestato per mafia ed è tuttora in carcere”.

Troppa gente che contava era invischiata nel colpo. A cominciare da Tommaso Lo Presti, e i Luca dovettero inghiottire il boccone amaro, nonostante quei nomi incisi sulle fedi.


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