Di Gangi: 'Palermo, così la politica ha ammazzato la speranza'

Di Gangi: ‘Palermo, così la politica ha ammazzato la speranza’

La 'pasionaria' del centrosinistra non le manda a dire: "Sostegno a Miceli, ma...".
VERSO LE ELEZIONI - L'INTERVISTA
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Mariangela Di Gangi, è ancora arrabbiata?
“Lo sono stata, poi mi è passato tutto, perché adesso c’è una città da salvare”.

Nel post pubblicato ieri su Facebook da questa ragazza appassionata, con anni di esperienza al laboratorio ‘Zen Insieme’, si scorgeva di più delle semplici parole che invitavano all’impegno con molte sottolineature. Non si intravvedeva un rancore personale, ma l’eco di una ferita collettiva percepita, a torto o a ragione, da un mondo che credeva davvero in una svolta, affidata anche a una candidatura dell’interessata. Un mondo giovane, considerato periferico che ha visto nelle modalità con cui il centrosinistra ha scelto il nome di Franco Miceli la soverchiante presenza di vecchie sovrastrutture mentali. Ecco l’incipit del post: “C’è una città che guarda incredula alle mosse del cosiddetto campo progressista e che non ci capisce. Lo spettacolo che stiamo offrendo è a tratti indecoroso, lo sappiamo. Adesso deve prevalere il senso di responsabilità e non gli interessi parziali, ciascuno dal canto suo”.

Niente di personale con Miceli?
“Niente di personale in tutta la faccenda. Ho cominciato a discutere con Franco, qualche settimana fa, io non lo conoscevo. E’ un uomo perbene, di grande esperienza, con le idee molto chiare, consapevole del lavoro enorme che lo aspetta. E’ sensibile, ma non sprovveduto, conosce le logiche dei partiti quanto basta per non esserne vittima. E’ senz’altro una proposta validissima che sosterremo con piacere. Il tema è: come ci siamo arrivati? Vogliamo ritrovarci, tra cinque anni, nelle stesse condizioni?”.

Come ci siete arrivati?
“Ho avuto chiara la percezione che si sia giocato sulla testa di Palermo, senza rendersi conto del contesto, come se fossimo tutti protagonisti di una partita a Monopoli. Senza coinvolgere, senza prepararci, senza discutere davvero. L’interesse della città subordinato a un regolamento di conti tra partiti e gruppi dirigenti. Invece parliamo di persone, di speranze, di carne e ossa. Ora ci troviamo nella condizione di dovere dare una risposta giusta, partendo da una forma sbagliata di porre le domande”.

Sembra ancora arrabbiata, per la verità.
“E’ che amo troppo Palermo per vederla soffocata da una politica che ha perso forza e autorevolezza e che è in mano ai partiti”.

Chi ne esce peggio, secondo lei?
“I gruppi dirigenti che si sono incartati sulla tattica, senza pensare ai contenuti. Credo di assistere alla più grande crisi di qualità dei gruppi dirigenti da quando voto. C’è da costruire, c’è da riformare. La scommessa che abbiamo messo in campo con ‘Facciamo Palermo’, con ragazzi non pratici dei giochi di palazzo, ma desiderosi di cambiamento, non riguarda me, interessi o candidature. E’ la battaglia di tutti”.

Lei parla del centrosinistra. Ma pure il centrodestra…
“Io includo anche loro, se parlo di crisi. Anche loro pagheranno il prezzo della tattica, in una città che ha bisogno di speranza. Ma si fa a gara per ammazzarla”.

Con Miceli potete vincere?
“Sì”.


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