Palermo, nigeriano morto in ospedale: inchiesta archiviata

Palermo, nigeriano morto in ospedale: inchiesta archiviata

Aveva collaborato con gli investigatori. C'è però chi continua ad avere dubbi sul decesso

PALERMO – La morte del nigeriano Emeka Don è stata dovuta a cause naturali. Il giudice per le indagini preliminari Giuliano Castiglia ha accolto la richiesta di archiviazione della Procura di Palermo. In 12 persone, tra medici e infermieri dell’ospedale Civico, erano indagate per omicidio colposo.

Il giovane nigeriano, che ha collaborato con gli investigatori aiutando a smantellare numerose attività criminali, è morto il 6 ottobre 2019. I periti parlano di arresto cardiaco dovuto ad una grave crisi diabetica.

Agli atti del fascicolo c’erano due perizie discordanti. La prima è stata eseguita dai medici del Policlinico di Palermo all’inizio dell’indagine. La seconda, uno studio cartolare, è stata disposta dal Gip ed ha escluso responsabilità da parte dei medici che ebbero in cura il giovane dopo il trasferimento in ospedale dal carcere Pagliarelli.

Nella prima perizia Jurij Antonio De Francisci e il professore Paolo Procaccianti tiravano in ballo in particolare le responsabilità del medico e dell’infermiere di turno: “La responsabilità non è tanto nell’inquadramento diagnostico, quanto nella correzione dei disturbi ellettrilitici che si sono venuti a creare nel corso della notte a causa della dovuta massiccia somministrazione di insulina e liquidi che il paziente aveva bisogno, al fine di correggere la chetoacidosi diabetica. Pertanto è lecito pensare che una diversa condotta dei sanitari, del turno notturno, avrebbe potuto scongiurare l’ipokaliemia che ha condotto alla morte il Don Emeka”.

Totalmente opposto il parere del professor Alessio Asmundo di Messina: “In conclusione, quindi, si deve ritenere che la morte di Don Emeka è da attribuire ad arresto cardio-circolatorio e respiratorio secondario a dissociazione elettromeccanica in paziente con misconosciuta, critica, coronaropatia stenosante bivasale affetto da severa chetoacidosi diabetica, determinante insufficienza muti organo e turbe dell’equilibrio idro-elettrolitico, nonostante la terapia attuata dai sanitari che l’hanno avuta in cura ed improntata a regole di diligenza prudenza e perizia e non essendo ravvisabili nel comportamento di essi sanitari, elementi configurativi di errori causalmente o anche concausalmente determinanti la morte del paziente”.

Nel frattempo sono numerose le domande che si pongono amici e familiari ed anche l’associazione Antigone che si interessa della tutela dei diritti e delle garanzie nel sistema penale e penitenziario.

A interrogarsi sul rischio che l’archiviazione possa essere stata “troppo frettolosa” è Pino Apprendi dell’osservatorio carceri di Antigone. Che aggiunge: “La crisi cardiaca che lo avrebbe portato alla morte lascia molti dubbi ai tanti che lo conoscevano. Peraltro sembrerebbe che anche l’autopsia avesse sollevato qualche anomalia. Inspiegabile anche l’invio della salma in Nigeria, visto che Emeka a Palermo ha moglie e figlia. In carcere ci sono i suicidi e le morti naturali, in tutti e due i casi i detenuti subiscono discriminazione e pregiudizio, prima si seppelliscono e meno se ne parla e meglio è”.  

“E’ molto strano che sia morto a causa di una crisi ipoglicemica. Il ragazzo sembrava godere di ottima salute – racconta Nino Rocca, attivista palermitano -. Non si capisce nemmeno come è possibile che un testimone chiave come lui era recluso al Pagliarelli sembrerebbe come un comune detenuto“.
 
Nel 2015 il giovane Emeka Don aveva subito una violenta aggressione dai suoi connazionali nigeriani. Una seconda sarebbe avvenuta nel 2018 a Ballarò, ma ad opera di alcuni palermitani. La motivazione? Emeka Don era additato come “sbirro e spione”.

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