Palermo, no alla confisca dei beni degli armatori Morace

Palermo, no alla confisca dei beni degli armatori Morace

Processo davanti alla sezione Misure di prevenzione del Tribunale

PALERMO – La proposta di confisca dei beni degli eredi di Vittorio Morace è stata rigettata. Lo ha deciso la sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo, confermando la decisione del giugno 2021, e accogliendo la tesi difensiva degli avvocati Sergio Monaco e Alfonso Furgiuele.

Beni per oltre 10 milioni di euro non sarebbero frutto di alcun patto corruttivo. Del patrimonio fanno parte disponibilità finanziarie, azioni della Liberty Lines, ma anche fabbricati e terreni, sequestrati nel 2017 nell’ambito dell’inchiesta “Mare Monstrum”. Sono state citate come intervenienti anche le società Liberty Lines e Sea Management, assistite dagli avvocati Fabrizio Biondo e Giovanni Di Bendetto.

Il presunto patto corruttivo

Secondo la Procura, l’allora dirigente dell’assessorato regionale ai Trasporti, Salvatrice Severino, tutt’ora sotto processo, avrebbe predisposto un bando su misura affinché i Morace si aggiudicassero il servizio di trasporto marittimo. Gli armatori avrebbero intascato 10 milioni di compensazioni per corse mai effettuate.

Vittorio Morace, oggi deceduto, era stato dichiarato incapace di partecipare al processo penale per gravi problemi di salute. I giudici si sono quindi concentrati sulla misura patrimoniale. Secondo il collegio presieduto da Raffaele Malizia, “l’elaborazione delle basi d’asta dei lotti da aggiudicare con le gare suddette utilizzando quali unici parametri di riferimento i costi di produzione relativi a unità veloci specifiche nominativamente individuate di proprietà della società Ustica Lines anziché riferirsi a tipologie generali di unità navali veloci ritenute idonee dall’Amministrazione, appare già di per sé significativa dello stabile asservimento della pubblica funzione della Severino ai privati interessi del Morace”.

Non ci sono “condotte abituali”

La pericolosità sociale che deve essere alla base di una misura di prevenzione può essere contestata a soggetti che “vivono abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose. Non basta un solo caso, ma deve esserci “una pluralità di delitti commessi abitualmente e produttivi di illecito profitto”. Circostanza non ravvisata nel caso di Morace, “il cui profitto percepito grazie alla sua condotta corruttiva è unico, essendosi concretizzato – nella prospettazione accusatoria posta a fondamento della presente proposta – nella previsione in sede di predisposizione del bando da parte della Severino, nell’ambito dell’accordo corruttivo con l’odierno proposto, di compensazioni finanziarie a carico della Regione sovrastimate rispetto a quelle dovute”.


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