Palermo, il rimpasto tiene banco: tutte le “spine” di Lagalla

Palermo, il rimpasto al Comune tiene banco: tutte le “spine” di Lagalla

I possibili scenari in attesa dei vertici con Dc e Fdi

PALERMO – Accontentare gli alleati, limitare i cambi e soprattutto evitare di trasformare il rimpasto in un’infinita telenovela. E’ arduo il compito che il sindaco di Palermo, Roberto Lagalla, si ritrova ad affrontare: mancano pochi mesi alle Europee e la maggioranza di centrodestra sembra già sul punto di implodere. I partiti sono ormai in campagna elettorale, consapevoli che i rapporti di forza che usciranno dalle urne saranno determinanti per gli equilibri politici, a Roma come in Sicilia, e quindi decisi a non mollare neanche di un centimetro.

Centrodestra in subbuglio

Un clima “poco sereno”, per usare un eufemismo, che si riflette sulla salute della coalizione di governo: approvato il consuntivo, il consiglio comunale fa fatica a tenere aperte le sedute e le assenze, tra i banchi della maggioranza, saltano all’occhio. Tutte giustificate, almeno a parole, da impegni istituzionali o di partito ma comunque una cartina tornasole del momento complicato che si vive dalle parti di piazza Pretoria.

Il “colpo” di Lagalla

Al sindaco va riconosciuto il merito di aver compiuto un’impresa non da poco, ossia far “digerire” il nome di Rosi Pennino alla nuova Forza Italia targata Renato Schifani. La titolare della delega alle Attività sociali sembrava destinata a uscire dalla compagine, a causa della vicinanza a Gianfranco Micciché, ma la volontà del sindaco di lasciarla al suo posto ha avuto la meglio: l’avvicinamento a Edy Tamajo ha sugellato un accordo che torna utile anche in ottica quote rosa. Il problema, semmai, è che adesso difficilmente il primo cittadino potrà temporeggiare ancora sulla richiesta del governatore di nominare il fedelissimo Pietro Alongi al posto di Andrea Mineo, nel frattempo transitato in Fratelli d’Italia.

Le poltrone non bastano

Sfumata l’ipotesi di non toccare nulla fino alle Europee, Lagalla dovrà provare a “contenere i danni” facendo i conti con le poltrone. Esclusa l’idea di non concedere un diritto di tribuna alla Lega in caso di ulteriori defezioni, fosse solo per l’interesse a mantenere buoni rapporti con due ministri chiave come Matteo Salvini alle Infrastrutture e Giancarlo Giorgetti all’Economia, i margini sono risicatissimi.

La resistenza di Fratelli d’Italia

Il vero braccio di ferro al momento è con Fratelli d’Italia. Ad oggi, con l’aggiunta di Mineo, i meloniani si ritrovano con quattro assessori e, seppur non si siano ancora incontrati ufficialmente col sindaco (lo faranno la prossima settimana), hanno già recapitato un messaggio forte e chiaro: non si accettano accordi al ribasso. Fdi si sente già penalizzata dalla distribuzione degli incarichi nelle partecipate e l’aver eguagliato Forza Italia nel numero dei consiglieri spinge il partito della premier ad alzare la voce, puntando il dito contro quello che viene definito un “eccessivo spazio” lasciato agli azzurri.

Russo rivendica il posto

Fratelli d’Italia tiene il punto: nessuno crede a una possibile uscita dalla maggioranza ma aprire una sfida con il principale azionista di centrodestra a livello nazionale, specie con la Finanziaria alle porte, potrebbe essere un azzardo. I meloniani lo sanno, rivendicano il ruolo giocato nell’accordo con lo Stato per evitare il default e non intendono passare come l’anello debole su Palermo: l’eventuale uscita di Mineo dopo l’adesione ufficiale al partito sarebbe uno smacco clamoroso, così come sarebbe complicato sacrificare militanti della prima ora. I rapporti con Lagalla non sono serenissimi e visto il momento delicato il partito avrebbe chiesto al vicesindaco Carolina Varchi, già con le valigie in mano, di temporeggiare fino a che la partita non sarà chiusa. Peraltro dentro il partito si è già aperta la corsa alla successione, con Mimmo Russo che rivendica spazio.

Il sindaco prova ad allargare la coalizione

La nuova Democrazia cristiana ha già fatto sapere di volere più caselle, forte di un gruppo salito da tre a cinque consiglieri, e Lagalla rischia di finire schiacciato dagli alleati: ecco perché il sindaco starebbe provando ad allargare la coalizione “annacquando” così i numeri altrui. Le voci si rincorrono e il toto-nomi impazza: secondo le indiscrezioni il sindaco starebbe corteggiando in modo serrato i consiglieri di Azione Fabrizio Ferrandelli e Leonardo Canto, l’ex dem Carmelo Miceli e il leghista Alessandro Anello. Quest’ultimo aspetta di entrare in giunta in quota Salvini ma Sabrina Figuccia non sembra intenzionata alla staffetta, il che rende l’avvicinamento di Anello al sindaco quantomeno possibile. Miceli è passato da qualche mese al Misto ma è pur sempre il primo dei non eletti all’Ars in quota Pd, il che lo spingerebbe ad attendere la lista dei candidati alle Europee.

Più complicato il discorso per Ferrandelli e Canto: gli interessati smentiscono, anche perché le candidature per Bruxelles non sono state definite, ma le voci di un dialogo con l’ex rettore circolano da settimane. Lo schema potrebbe essere quello già usato da Italia Viva, ossia rimanere nazionalmente all’opposizione ma entrare in giunta tramite il contenitore civico di Lavoriamo per Palermo, anche se l’arrivo degli uomini di Carlo Calenda sarebbe indigesto per Fratelli d’Italia che sarebbe pronta a porre il veto.

Chi rischia il posto

Le ipotesi in campo sono diverse e le posizioni, col passare dei giorni, si avvicinano: i forzisti potrebbero far cadere il veto sulla permanenza di Mineo, a patto di incassare Alongi e ottenere parte delle deleghe dell’ex azzurro, così come i meloniani potrebbero non avanzare altre pretese a patto di mantenere quattro poltrone, sebbene sia difficile che cedano settori. Il sindaco sarebbe disposto a sacrificare uno dei suoi tre assessori: quella più in bilico sarebbe Antonella Tirrito che potrebbe lasciare per fare spazio a un secondo assessore cuffariano ma anche Maurizio Carta potrebbe vestire i galloni di super consulente. Le caselle libere potrebbero servire a suggellare la pace con Totò Cuffaro, a invogliare nuovi arrivi dalle minoranze oppure a realizzare la soluzione più indolore, cioè far entrare Alongi al posto di Tirrito o Carta e lasciare quattro nomi a Fdi, col cambio della Varchi. Rimandando tutto il resto a dopo le Europee.


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