Palermo, soldi ai boss detenuti. "Basta, stiamo facendo la fame"

Soldi ai boss detenuti e regali di lusso alle donne. Lo sfogo: “Basta, basta”

"Qua stiamo facendo la fame"

PALERMO – I mafiosi che finiscono in carcere hanno una certezza. Qualcuno provvederà alle esigenze economiche del detenuto. Chi resta fuori si deve dare un gran da fare per assecondare le richieste di chi batte cassa. Servono tanti soldi.

Fra questi c’è anche Onofrio Lipari. Arrestato per mafia nel 2014, scarcerato per fine pena il 23 febbraio 2023, e di nuovo arrestato quattro giorni dopo con l’accusa di avere assassinato il boss Giuseppe Di Giacomo, delitto per il quale si è sempre professato innocente. Il processo è ancora in corso.

Soldi ai detenuti e lamentele

“Tu ti dovresti apprecare con lui se non avessi potuto campare”, diceva Rosalia Taormina, moglie di Stefano Comandè, ad Amalia Dragotto, mamma di Onofrio Lipari. Il “lui” è Pietro Pozzi a cui, secondo la donna, non andava contestata la mancanza di impegno. “Apprecare”, che in italiano può essere tradotto nella parola concentrare, porta con sé tutta l’accezione negativa della strafottenza.

Invece “Piero”, aggiungeva Comandè, non aveva dato retta alle malelingue (“c’è stato qualcuno…”) che avrebbero voluto Lipari non solo carcerato ma pure senza un euro di solidarietà mafiosa.

“Mi è costato duemila euro”

A volte era lo stesso Pozzi a perdere le staffe: “… un’altra cosa… io ho fatto fare a Napoli… la pasta alla genovese… l’altra volta mi è costato qualche duemila euro, ora ci sono, levando gli occhiali, già ci sono fra 400 e 600 di robbe (vestiti ndr).

Senza contare i “2.800 euro per i vestiti” comprati in un negozio di lusso in via Libertà da regalare alla figlia di un boss con cui Lipari ha una relazione sentimentale per corrispondenza. A Lipari garantiva lo stipendio anche Giuseppe Auteri che annotava i nomi nel libro paga sequestrato all’interno del covo della sua latitanza. Secondo la Direzione distrettuale antimafia, questi passaggi di denaro configurano il reato di ricettazione.

“Basta, mi levo di mezzo, basta – si sfogava Pozzi, l’uomo che controllava il panello delle scommesse illegali – non l’ha capito… non c’è più niente ma l’ha capito che non c’è più niente? Stiamo facendo la fame…”. Ed ecco spiegato perché i mafiosi sono tornati ad investire nella droga.


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