Parole, apparizioni tv e gaffes | 'Miccichè superstar' alla ribalta - Live Sicilia

Parole, apparizioni tv e gaffes | ‘Miccichè superstar’ alla ribalta

Le ultime polemiche del presidente dell'Ars. Il 'guastatore' del governo Musumeci.

Il personaggio
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Uno spettro, di molta polpa, si aggira tra le tv e i corridoi dei palazzi del potere a rendere insonni le notti del compostissimo governo Musumeci, lì dove tutti sanno usare le posate nel verso giusto, ragionano di Nietzsche, anche quando si tratta di ex Pip, e si ispirano alla più classica iconografia dell’usato sicuro, della normalizzazione e della sobrietà. Uno spettro? E chi è?, si chiederanno i lettori. Facile, facile, Gianfranco Miccichè, numero uno di Palazzo dei Normanni, l’altra faccia, quella un po’ scapigliata, del centrodestra regnante.

Premessa, Gianfranco è quasi sempre innocente del folclore di Miccichè. Non lo fa apposta. Lui è come è. Straripante. E come la pensa, la dice. E, quando la dice, succede sempre un mezzo casino. Oppure, chissà, è un astuto comunicatore che ha scelto l’approccio più complesso che esista – una sconquassante semplicità – per sparigliare le carte. Visto da vicino risulta tale e quale alla sua sagoma intravista da lontano. Più che parlare, declama. Più che discutere, tuona.

Difetti: spesso la spara grossa, troppo grossa, grossissima, soprattutto per un presidente dell’Ars. Pregi: da uno così potrai aspettarti un cazzotto in pieno volto, mai la coltellata alla schiena.

Ermeneutica a parte, non si può negare l’evidenza. Micci-Superstar è salito alla ribalta, elettrizzando un ambiente depresso dalla dipartita politica di Crocetta. Perché Saro era quello che era, però riempiva i giornali con le sue allusioni, con le sue trovate, con la fotina irriverente in riva al mare. Era un mattatore, Saro – sia pure per un pubblico di bocca buona – e teneva a meraviglia la scena.

Sicché, pure quelli che lo trovavano simpatico come una pala di ficodindia nelle mutande, almeno avevano il gusto di alzarsi la mattina con una curiosità: ‘Vediamo che si inventò…’. Ora la stessa domanda quotidiana si è velocemente insediata alle calcagna di Micci-Superstar. Ne deriva un’acuta malinconia, accanto alla risata che subito si strozza in gola. Tutto, talvolta, è teatro dell’assurdo in Sicilia, in mancanza del necessario.

Catalogo approssimativo delle recenti apparizioni in forma di detonazione. La prima è involontaria: l’ormai celebre video del duetto con Davide Faraone in una memorabile edizione di ‘Bella ciao’. Qualcuno ha voluto ricamarci sopra il punto di una corrucciata morale da talebani del web. Che schifo! Che vergogna! Ora, è sempre sacrosanto sottolineare i peccati dei politici, ma quella, davvero, era solo una festa di compleanno.

Poi, lo show in ‘Casa Minutella’. Breve elenco delle affermazioni miccicheiane. “Io vitalizio non ne ho, perché sia chiaro a tutti. (…) La sanità di questa regione è nella m… grazie al fatto che questa gente non viene pagata per colpa della demagogia che fanno sui giornali” (riferendosi ai manager). E ancora: “Non c’è un siciliano che non abbia un amico politico e tutti i politici hanno garantito un posto di lavoro a qualcuno. Mentre al Nord si salvavano non pagando le tasse, i siciliani si sono salvati con gli ammortizzatori sociali. Non voglio dire che fosse giusto o utile, ma era così, perché non c’era lavoro. Questa è storia”. Ancora e ancora: “O l’Eni e gli altri proprietari delle raffinerie fanno le bonifiche, oppure danno la benzina gratis ai siciliani che subiscono da decenni il loro inquinamento. In caso contrario, fuori dalle p…”.

I puntini di sospensione depongono la candela votiva della moderazione ai piedi delle esternazioni. Seppure, a dispetto della patina del politicamente corretto che può muovere al sopracciglio alzato, fibrilli, di tanto in tanto, nella narrazione, il profilo di scomode verosimiglianze.

E poi e poi… ci fu offesa, si dice. Si narra, cioè, di un’incomprensione alla Corte dei Conti e del protagonista di questa storia che pianta tutti in asso – secondo le cronache – Presidente della Repubblica, il palermitano Sergio Mattarella, compreso. Segue nota di ‘chiarimento’: “Assolutamente nessuna polemica nei confronti della Corte dei Conti. Già da venti giorni sapevo di non essere stato invitato alla cerimonia per festeggiare i 70 anni della istituzione. Il motivo? Chiedetelo a loro. Mi dispiace soltanto che la Corte dei Conti pur sapendo che la Presidenza dell’Ars non fosse stata invitata, abbia fatto sedere in prima fila Giancarlo Cancelleri. Sulla mia assenza di questa mattina, già ieri sera avevo avvertito il Quirinale chiedendo di scusarmi, per la mia assenza, con il Presidente Mattarella, che spero di incontrare in altre occasioni. Tutto normale, dunque, nessuna polemica”. Tutto normalissimo e chiarissimo, no?

Infatti, ecco la replica: “In merito alle dichiarazioni attribuite all’onorevole Micciché circa la sua assenza alla celebrazione del 70^ anniversario della Corte dei Conti in Sicilia, la Corte precisa che il presidente dell’Assemblea regionale è stato tempestivamente invitato a partecipare all’evento. Il disguido lamentato non può dunque che essere stato originato da un mero equivoco. In tal senso, la Corte dei Conti ribadisce il massimo rispetto per tutte le autorità rappresentative dei cittadini”.

Oltre al repertorio attuale, l’archivio storico compone un canestro affollato di polemiche. Gli stipendi dell’Ars e il duello con i preti di frontiera. Certe gaffes sulle intitolazioni degli aeroporti. Le irruzioni presso Giletti, le provocazioni in servizio permanente effettivo, le ripicche brucianti – citando a saltare – su cui è pietoso stendere un velo, tanto le comparse furono, sovente, malecomparse. E come dimenticare: “Se non avessi avuto il vitalizio, nel periodo in cui non sono stato deputato, probabilmente sarei stato costretto a tornare a vivere con mio padre che ha 97 anni, in attesa di maturare i 67 anni per la pensione”? Con tanti cari saluti ai malcapitati che, a casa, dal papà sono tornati sul serio.

Rassegniamoci e mettiamoci l’animo in pace, comunque. ‘Miccichè – superstar’ non cambierà mai. Sarà innocente del suo folclore, ma beatissimo dello spettacolo al di là delle righe (sopra non basta) che, via via, apporrà in cartellone. Uno spettro si aggira per i sonni inquietissimi del governo Musumeci, tra corridoi e tavolate con la posateria di rappresentanza. Nietzsche che dice? E chi lo sa?


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