ROMA- Il giorno dopo la riunione del consiglio di presidenza del Pdl che ha sancito il ritorno a Forza Italia e ufficializzato la spaccatura fra Berlusconi e Alfano, le ‘colombe’ del partito non provano a ricucire, evidenziando come quella di ieri è solo un primo passo vero il Consiglio nazionale dell’8 dicembre. Il ministro Lupi chiarisce: “Non ci sarà nessuna scissione. Noi lavoriamo da sempre per un partito unito intorno a Berlusconi e Alfano”. Cicchitto ribadisce: “Per sciogliere il Pdl servono i due terzi del Consiglio nazionale e non è detto che ci siano”.
Forse Letta e Alfano si fanno troppe illusioni. Non è per niente certo che riusciranno a disinnescare tutte le trappole che i loro competitor all’interno di propri partiti approntano in gran quantità. Detto ciò, e lasciando a Renzi il compito di triturare tutto il vecchio del Pd (che poi è quasi per intero il Pd), a tutti i capi e capetti lealisti o filogovernativi del Pdl andrebbe ricordato almeno tre volte al giorno che, nel bene e nel male, l’ imponderabile cordone ombelicale che unisce Berlusconi alla sua vastissima platea di elettori, non è ereditabile. Forza Italia o Pdl, si chiami come si voglia, è per sua natura un partito liquido: una volta che si rompe il contenitore, il contenuto si disperderà in mille rivoli. E chi non lo capisce farà la fine di Fini. E’ innegabile,poi, che per tutti i politici nostrani, nessuno escluso, le poltrone, le stanze e le scrivanie prestigiose sono tutto. Come è innegabile che l’unico trittico al quale si accostano per propiziarsi le carriere è quello che rappresenta l’allegoria della loro vita, e che tradotto in linguaggio comune indica le tre cose che per loro valgono veramente: “Mangiare carne, comandare carne, futtiri carne”. In questo quadro desolante, di tanto in tanto un inginocchiamento davanti alla nicchia del buonsenso, non guasterebbe. Ma farglielo capire è cosa difficile, però. Così, si va avanti per emergenza. La emergenza che questo governo ha sposato e l’immigrazione. In Sicilia, mentre la disoccupazione, il degrado sociale e istituzionale e la fame galoppano ventre a terra, dovunque è un fiorire di case di accoglienza per i venienti dall’Africa. E sono così tante che, dopo aver occupato tutte le case occupabile delle periferie, ora anche nelle vie centralissime, gli appartamenti che i siciliani lasciano non essendo più in grado di pagare l’affitto o perché sfrattati, vengono presi in locazione dalle cosiddette associazioni umanitarie, che di umanitario hanno soltanto il business fiorente. Un’attività redditiva che sen’altro andrebbe messa sotto una buona lente d’ingrandimento.