Ponte sullo Stretto, Doglioni (Ingv): “È fattibile ma …” - Live Sicilia

Ponte sullo Stretto, Doglioni (Ingv): “È fattibile ma …”

L'esperto precisa: “Il progetto iniziale va rivisto, ecco perché”

Fattibile, ma a una condizione. Il Ponte sullo Stretto, si può realizzare, a patto di adeguare il progetto “alle nuove norme tecniche, di sicurezza e ambientali, per evitare il problema dei venti e delle accelerazioni legate al suolo durante un evento sismico”. È cauto ma possibilista Carlo Doglioni. Il presidente dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) precisa a LiveSicilia: “Il Ponte deve essere realizzato ipotizzando i casi più estremi”. Doglioni è uno dei relatori al convegno “Aspetti geologici, sismici e normativi delle opere infrastrutturali complesse nell’area dello Stretto di Messina”, oggi e domani, 25 e 26 maggio, all’università di Reggio Calabria e all’università di Messina.

Presidente Doglioni, partiamo, per così dire, dalle basi: il ponte si può fare?

“Sì, dal punto di vista tecnico è fattibile. Anche da un punto di vista economico ci sono molti più vantaggi che svantaggi. Fare o non fare il Ponte, però, è una scelta politica. È la politica che deve decidere se investire o meno in un’infrastruttura così importante perché o questo diventa un volano positivo per lo sviluppo locale e nazionale, oltreché per rendere funzionali i trasporti e le strade, sia in Calabria che in Sicilia, altrimenti nel caso diventasse un collo di bottiglia non avrebbe senso realizzarlo”.

Sarebbe una realizzazione faraonica ma inutile?

“Gli economisti e i trasportisti sono molto chiari nel dimostrare che il Ponte può portare grandi vantaggi dal punto di vista dello sviluppo della Sicilia e della Calabria in generale”.

Torniamo alle sue preoccupazioni sugli aspetti tecnici…

“Dal punto di vista geologico, penso che il ponte debba essere realizzato con dei criteri di tipo deterministico della pericolosità sismica, cioè assumendo quelli che potrebbero essere gli scuotimenti massimi dovuti a un terremoto anche di magnitudo superiore a 7, oppure a fenomeni di liquefazione o di frane in prossimità delle torri. Il progetto del Ponte deve soddisfare il caso più estremo di evento naturale che possa verificarsi in quella zona, perché l’infrastruttura deve rimanere operativa qualsiasi cosa succeda”.

Quali le opzioni progettuali?

“Sul tavolo c’è il progetto che fu approvato nel 2011, ma ha bisogno di un aggiornamento: questo è il punto chiave. Nelle aree epicentrali le accelerazioni possono essere decisamente più forti di quelle che avevamo ipotizzato in passato e che quindi conoscevamo 15, 20 anni fa quando è stato progettato il Ponte. Secondo gli ingegneri l’attraversamento stabile dello stretto può essere realizzato. Che sia a campata unica o a più campate lo decideranno loro. Certo è che deve essere progettato ipotizzando i casi più estremi”.

Quali le controindicazioni?

“Che il ponte debba avere la capacità di resistere ai venti, alle frane, a fenomeni sismici, debba permettere il passaggio anche delle grandi navi. Per cui ci sono una serie di indicazioni che saranno gli ingegneri e i trasportisti a valutare”. 

Sottosuolo e non solo, c’è anche il tema delle correnti?

“Lo stretto per definizione è una zona dove c’è una maggiore velocità dei venti e delle correnti, proprio perché è uno stretto per il principio di Bernoulli: nelle strettoie, dove i mari si restringono, le correnti vanno più veloci. Dato che c’è anche un salto di salinità e di temperatura tra il mar Tirreno e lo Ionio questo induce delle correnti sottomarine piuttosto forti. Questo era anche uno dei motivi per cui era stato ipotizzato il ponte a campata unica, quindi la struttura non toccava l’acqua con nessuna pila”.

Dal punto di vista paesaggistico e naturalistico, quale sarà l’impatto?

“Questa è una questione di scelte. Tutti i ponti possono avere un impatto positivo o negativo. Dipende come sono disegnati. I ponti per definizione sono un fatto positivo, perché uniscono. Immaginiamo di togliere tutti i ponti dal Pò, dal Tevere, dall’Arno, o dai grandi fiumi italiani: si bloccherebbe l’Italia. Quindi è una valutazione di scelta strategica, strutturale. In questo senso, il ponte rappresenterebbe un’infrastruttura importante”.

Pro e contro, dal punto di vista geologico

“L’idea che i dati geologici vengano considerati come primari è fondamentale per la scelta della posizione e della tipologia del ponte, perché per esempio il tunnel subalveo, che era stata una delle ipotesi per cui era cui era resuscita anche l’idea dell’attraversamento stabile dello Stretto è stato scartato proprio perché non solo avrebbe generato delle tendenze troppo forti o un allungamento del percorso, ma anche perché avrebbe attraversato molte faglie attive. Quindi l’importante, dal punto di vista scientifico e soprattutto dei rapporti con la terra, è di rivalutare, sulla base delle conoscenze attuali, la pericolosità sismica, da frane, da liquefazioni nelle aree di fondazione che si potrebbero generare con eventi naturali rilevanti. E il progetto dovrebbe essere adeguato alle condizioni più critiche a cui potrebbe trovarsi”.

Quindi lei è favorevole o contrario alla realizzazione del Ponte?

“Come cittadino posso essere favorevole, come ricercatore dico che il ponte si può fare ma dovrebbe essere rivisto. Soprattutto considerato il fatto che le accelerazioni del suolo in area epicentrale sono più alte di quelle con cui il ponte era stato progettato”.


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