CATANIA – Con l’udienza di oggi è arrivata, con molta probabilità, la conclusione dell’istruttoria dibattimentale del processo che vede l’editore Mario Ciancio imputato per il presunto reato di concorso esterno in associazione mafiosa. I pm Antonino Fanara e Agata Santonocito hanno ascoltato, in particolare, Alessandro Spiduglia, siracusano ed ex dipendente della società che raccoglieva i necrologi per il quotidiano La Sicilia. L’episodio rievocato riguarda una delle pagine più opache della lotta alla mafia: la mancata pubblicazione del necrologio per il terzo trigesimo della morte di Beppe Montana. Cioè, il commissario della squadra Mobile di Palermo barbaramente ucciso da Cosa Nostra il 28 luglio 1985 nel porticciolo di Santa Flavia, piccolo comune non distante da Bagheria.
Tre mesi dopo, infatti, i familiari del poliziotto ucciso si sentirono dire di “no” davanti alla richiesta di pubblicazione di queste parole: “La famiglia con rabbioso rimpianto ricorda alla collettività il sacrificio di Beppe Montana, commissario Ps, rinnovando ogni disprezzo alla mafia e ai suoi anonimi sostenitori”. Un rifiuto che ha portato il fratello Dario, membro del direttivo di Libera, a ingaggiare una lunga battaglia civile contro i vertici del giornale che ha sede in viale Odorico da Pordenone. Spiduglia ha sostenuto in aula che i responsabili delle pagine del quotidiano “si misero comunque a disposizione per raccogliere l’intervista dei familiari”.
I pm e i legali di parte civile presenti in aula, Goffredo D’Antona (che rappresenta la famiglia Montana) e Dario Pastore (che rappresenta invece l’Ordine dei giornalisti di Sicilia) hanno chiesto ripetutamente al test chiarimenti sull’esatta sequenza dei fatti raccontati.