Processo Lombardo, la sentenza: "Non provato patto con la mafia"

Processo Lombardo, “Non provato il patto con la mafia”

Le motivazioni della Cassazione, l'ex governatore: "Ha prevalso la giustizia"
IL PRONUNCIAMENTO
di
2 min di lettura

CATANIA – L’esistenza di un “patto” tra Raffaele Lombardo e Cosa Nostra non è mai stata dimostrata: è il passaggio più importante della sentenza con cui la Cassazione ha assolto l’ex presidente della Regione lo scorso marzo. Lombardo era accusato di concorso esterno in associazione mafiosa e corruzione elettorale aggravata dall’avere favorito la mafia, ed è stato assolto in via definitiva.

Il processo Lombardo: le ultime fasi

Il processo a Raffaele Lombardo è giunto a conclusione lo scorso marzo dopo un percorso tortuoso, con due sentenze contrastanti, un rinvio dalla Cassazione e un processo d’appello bis.

Nell’ultima fase, quella della scorsa primavera, la Sesta sezione penale della Cassazione aveva dichiarato inammissibile il ricorso della procura generale di Catania. In questo modo i giudici avevano confermato la sentenza di appello bis del gennaio 2022, che aveva assolto Lombardo.

Da parte della procura generale della Cassazione, invece, c’era stato il sollecito dell’annulamento con rinvio della sentenza, per poi procedere a un nuovo esame da parte dei giudici di secondo grado.

Le motivazioni

Per i giudici della Cassazione, l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa può reggere solo se si dimostra, come si legge nelle motivazioni della sentenza, ”non la mera vicinanza al detto gruppo od ai suoi esponenti, anche di spicco, e neppure la semplice accettazione del sostegno elettorale dell’organizzazione criminosa, ma la prova del patto in virtù del quale l’uomo politico, in cambio dell’appoggio elettorale, si impegni a sostenere le sorti della stessa organizzazione in un modo che, sin dall’inizio, sia idoneo a contribuire al suo rafforzamento o consolidamento: irrilevante la concreta esecuzione delle prestazioni promesse – spesso rilevante solo a fini di prova”.

In altre parole, deve emergere la prova di un “patto” tra uomo politico e associazione mafiosa in cui il politico si impegna a favorire i boss. Cosa che, scrive la Cassazione, non è stata provata per Raffaele Lombardo. Per i giudici di terzo grado è, si legge, ”corretto il ragionamento svolto nella sentenza” di Appello bis che nel gennaio 2022 aveva assolto l’ex governatore siciliano.

”L’analisi della Corte di appello – si legge ancora nelle motivazioni della sentenza – è stata svolta altresì sulla scorta di un puntuale e completo esame di tutte le risultanze processuali, sicché alcuna carenza o omissione dell’esame dei dati processualmente rilevanti inficia la scansione del ragionamento probatorio”. La sentenza che lo scorso marzo ha reso definitiva l’assoluzione di Lombardo è arrivata dopo un lungo iter giudiziario, due sentenze contrastanti, un rinvio dalla Cassazione e un processo d’Appello Bis.

“Hanno prevalso verità e giustizia”

“Oggi la Cassazione ha scritto la parola fine ad una vicenda giudiziaria che ha cambiato la mia vita e la storia della Sicilia. Con rigore esegetico la sentenza affronta gli snodi essenziali del processo escludendo in radice l’ esistenza del patto. Hanno prevalso, come non ho mai smesso di credere, la verità e la giustizia”. Lo ha dichiarato l’ex presidente della Regione Siciliana Raffaele Lombardo alla luce delle motivazioni della sentenza di assoluzione della corte di Cassazione


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI