Ingroia e la sua gita in Procura | Il pasticcio di Sicilia e-servizi - Live Sicilia

Ingroia e la sua gita in Procura | Il pasticcio di Sicilia e-servizi

L'ex pm ha sollevato il coperchio su una vicenda di sprechi e contenziosi nota da tempo, promettendo di presentare una denuncia ai magistrati. Ma perché Crocetta non ha mantenuto la promessa di chiudere la società mangiasoldi?

l'AZIENDA IMMORTALE
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PALERMO – È uno scandalo. Per tutti. Ma nessuno la chiude. A pensarci bene, Sicilia e-Servizi è sempre tornata utile a tanti. Per operazioni di medio, piccolo o minuscolo cabotaggio. Dalle mega-commesse per i soci privati fino alle parcelle per il tesoriere di Rivoluzione civile, la società mangiasoldi è sempre stata, a pensarci bene, una società “sforna-soldi”. Un bancomat, insomma. Con i governi della manciugghia e anche con quelli della rivoluzione.

Antonio Ingroia ha snocciolato cifre ed esempi. E ha promesso l’ennesima visita in Procura dell’era crocettiana. L’ex pm ha spiegato che Sicilia e-Servizi è stata per tanto tempo un esempio dello spreco. Ha spiegato, quindi, quello che i giornali raccontano da anni. E che, non a caso, proprio grazie alle inchieste giornalistiche, è finito anche all’attenzione della politica – la stessa che nel frattempo alimentava e si alimentava con l’azienda – addirittura con l’istituzione di una commissione d’inchiesta sulla spa nata con Cuffaro. Un esempio dello sperpero, capace di ideare progetti milionari (per i soci privati) quasi mai collaudati. Morta e risorta più volte grazie alla miracolosa mano di Raffaele Lombardo prima, e di Rosario Crocetta poi. Già, ma perché questa società non è mai stata chiusa?

“E come mai – si chiede Emanuele Spampinato, amministratore della società proprio ai tempi di Lombardo – il management della società è sempre lo stesso? Se la mia gestione era così deficitaria al punto da meritare un dossier in procura, come mai l’azienda è guidata ancora da dirigenti come Dario Colombo, Leonardo Palazzolo, Marco Lo Bello e Frnacesco Miosi, che allora ricoprivano ruoli di primo piano?”.

A non convincere l’ex amministratore di e-Servizi sono anche le cifre indicate ieri da Ingroia: i privati sarebbero costati ai siciliani oltre 100 milioni in più del dovuto. “Il rapporto con i privati è stato certamente svantaggioso e ho spesso segnalato la cosa a Lombardo. Ma sui numeri, purtroppo Ingroia – attacca Spampinato – ha fatto un po’ di confusione. Lui dice che la società ai miei tempi costava venti milioni di più l’hanno: ma l’ex pm ha scambiato i costi di spesa corrente con quelli per gli investimenti. E ha dimenticato di dire che i privati godevano di un contratto per la ‘gestione e conduzione’ previsto dalla convenzione originaria del 2005”.

Una società mangiasoldi, insomma. Che resta, però, sempre miracolosamente in piedi. E dire che il presidente Crocetta aveva accarezzato l’idea di chiuderla. Anzi, era a un passo dal liquidare Sicilia e-Servizi. E del resto, come avrebbe potuto fare il contrario, dopo aver sbandierato in tutte le tv d’Italia che avrebbe abbassato la saracinesca delle società colabrodo? E quale miglior esempio dell’azienda dell’informatica che mise sotto contratto una sfilza di cognomi noti, e che pagava profumatamente progetti che spesso non venivano nemmeno collaudati? Chiudere Sicilia e-Servizi. Era fatta. Si era persino pensato di creare un ufficio all’interno della Regione per portare avanti queste funzioni. Poi, la retromarcia di Crocetta. Una scelta, quella di “salvare”, anzi di “rilanciare” Sicilia e-Servizi, che la Procura della Corte dei conti, che ha rinviato a giudizio sia Crocetta che Ingroia per le recenti (ri)assunzioni del personale che proviene dai soci privati, ha descritto come un atto che “rinnega la prima scelta di legalità”.

“Ingroia – insiste Spampinato – ha detto che quelle assunzioni erano necessarie per evitare il blocco di una serie di delicatissime attività. Ma questa affermazione è falsa. A gestire tutto sono ancora i privati di Engineering. E il server è ancora in Valle d’Aosta. I privati, insomma, in attesa che si chiuda il contenzioso con la Regione, stanno continuando ad assicurare il servizio. Un fatto che potranno far valere in occasione appunto del giudizio”.

Già, i privati battono cassa. Hanno assicurato servizi e progetti che secondo loro non sono stati pagati dalla Regione. “Ingroira parla di una richiesta di 100 milioni, ma sulle cifre – spiega Antonio Vitale, amministratore della società fino all’avvento di Ingroia – andrebbe fatta qualche precisazione. Con i privati – spiega – abbiamo sottoscritto nel 2012 un accordo transattivo sulla base di 62 milioni. Un accordo frutto di uno studio dell’Università di Catania e al quale ha lavorato anche l’attuale assessore al Lavoro Bruno Caruso e che ha convinto i soci privati ad abbandonare un arbitrato in cui chiedevano 120 milioni e una causa per risarcimento danni da oltre 300 milioni”. Ma qui progetti, per 62 milioni complessivi, non sarebbero stati nemmeno collaudati. “E infatti quell’accordo – precisa Vitale – è condizionato ai collaudi. Se il progetto non fosse stato verificato, non avremmo erogato un euro”.

Insomma, per Ingroia il terreno è fertile. E certamente la denuncia (cioè che la Regione avrebbe perso, nella gestione di e-Servizi una marea di euro) poggia su elementi molto solidi. Ma noti da tempo. Eppure, anche il governo Crocetta ha deciso di non chiudere l’azienda. Anzi, nelle ipotesi di riordino delle società partecipate (anche) di questo esecutivo, Sicilia e-Servizi è sempre tra quelle “strategiche”. Tra quelle, cioè, che non vanno chiuse.

Eppure, come detto, fu proprio Crocetta a sancirne la fine. La società, già “liquidata” una volta da Lombardo fu rimessa “in bonis”, cioè in piedi dallo stesso governatore di Grammichele. A pieno regime. Con l’arrivo di Crocetta sembra che tutto cambi. “Il governatore – racconta Antonio Vitale, che ha guidato la società fino all’avvento di Ingroia – aveva deciso di sciogliere Sicilia e-Servizi. Lo fece, a dire il vero, dopo avermi detto che quella era una ‘società modello’. Ma per carità, era una scelta politica che non condividevo. E i fatti hanno dimostrato che non mi sbagliavo”. E Vitale fa riferimento alla repentina resurrezione della spa, con l’arrivo di Ingroia. “L’ex pm si insedia a fine novembre 2013 – spiega – e dopo poco più di un mese la società è stata riportata a pieno regime. Evidentemente non era in condizioni così gravi da determinare la chiusura. Se una società, insomma, era un disastro, come aveva fatto intendere Crocetta, non sarebbe certamente bastato un mese per risollevarla”. E invece, la società rinasce. E tutto sommato, la scelta ha accontentato tutti. Intanto, ha consentito al presidente Crocetta di mantenere una promessa. Quella fatta, come emerge dalle dichiarazioni raccolte dai pm contabili, ai “ragazzi di Sicilia e-Servizi”: la riassunzione, dopo il licenziamento da parte del socio privato. Crocetta, tramite Ingroia, ha mantenuto la promessa. A costo di smentire se stesso. Era stata proprio la sua giunta, infatti, con una delibera del 2013 a ribadire il blocco delle assunzioni. Fatto, anche questo, richiamato dalla Corte dei conti.

E tutto sommato la resurrezione di Sicilia e-Servizi ha fatto bene anche ad Antonio Ingroia. Uno degli effetti collaterali positivi della trasformazione della spa da azienda in liquidazione ad azienda “sana”, ha comportato la trasformazione dello “status” di Ingroia da quello di liquidatore a quello di amministratore. Con effetti vantaggiosi anche per la busta paga dell’ex pm. La legge, infatti, fissa in 50 mila euro il tetto massimo degli stipendi degli amministratori. Tetto che Crocetta ha tentato di abbattere solo per qualche “fedelissimo” (tra cui Ingroia). Ma l’ex pm non ha negato di avere diritto a uno stipendio di circa 150 mila euro. Come mai? “La normativa vigente – spiega Vitale – prevede un trattamento diverso per l’amministratore, rispetto al liquidatore. Nel primo caso, infatti, è prevista una indennità di risultato che si aggiunge allo stipendio base. Non automatica, ma facoltativa. Deve infatti essere proposta e approvata dall’assemblea dei soci dell’azienda. Anche io l’ho ricevuto quando ho svolto il ruolo di amministratore e non l’ho ricevuta invece quando la società era in liqudazione”. Se lo stesso sia avvenuto per Ingroia, ufficialmente, non è dato sapere. Perché la rivoluzione dell’ex pm sulla partecipata mangiasoldi, al momento, non fa rima con “trasparenza”. La sezione del sito ufficiale, che deve contenere, per legge, tutti i dati relativi agli stipendi, alle consulenze, compreso l’incarico da 380 mila euro destinata a Carmelo Costanza, tesoriere di Rivoluzione civile, il movimento politico di Ingroia, non esiste. “Hanno voluto alzare un polverone sul mio stipendio per nascondere scheletri nell’armadio” ha protestato l’ex pm. A pensarci bene, però, per evitare il polverone, sarebbe bastato, tra una conferenza stampa e una gita in Procura, rispettare la legge.


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