Nell'aula bunker dell'Ucciardone ha deposto Rosario Cattafi, presunto capomafia di Barcellona Pozzo di Gotto, che ha parlato della missione affidatagli nel '93 dal vice capo del Dap, Franco Di Maggio, per fermare le stragi. Sottolinea di non essere un pentito e accusa il Ros di aver ordito un complotto nei suoi confronti. Ecco cosa ha detto.
PALERMO – L’ “uomo grigio” si è presentato oggi a Palermo, all’aula bunker dell’Ucciardone, al processo agli ex ufficiali del Ros dei carabinieri Mario Mori e Mauro Obinu per favoreggiamento aggravato a Cosa nostra. Lui è Rosario Pio Cattafi, avvocato e presunto capomafia della cosca di Barcellona Pozzo di Gotto, nel Messinese. Di fronte ai giudici della quarta sezione penale del Tribunale di Palermo ha raccontato il ruolo di intermediario che avrebbe avuto nel 1993, fra l’allora numero due del Dap, Franco Di Maggio, e il superboss catanese Nitto Santapaola per indurlo a mettere fine alle stragi. Cattafi, militante di Ordine nuovo in gioventù, è stato accusato di traffico di droga e di armi, associazione mafiosa e “mi manca solo la violenza carnale” prova a scherzare seppur si ritiene una sorta di perseguitato dalla malasorte giudiziaria. Fino all’ultimo episodio, l’arresto del luglio scorso nell’inchiesta “Gotha III” della procura di Messina.
L’episodio centrale riguarda un incontro al bar Doddis di Messina in cui Cattafi sarebbe stato chiamato da Di Maggio, conosciuto ai tempi del suo primo arresto – nel 1984, dopo le dichiarazioni di Angelo Epaminonda – e che aveva rivisto quando era il vice dell’Alto commissario antimafia. Il dichiarante – ci tiene a sottolineare di non essere un pentito – colloca questo ricordo nel maggio 1993, dopo l’attentato a Maurizio Costanzo. “Di Maggio mi informa che era stato nominato vice direttore del Dap, c’era stata riunione in una caserma dei carabinieri e lui era stato messo lì per per cercare di disinnescare questo periodo” racconta Cattafi. E continua: “Mi disse di contattare Santapaola perché da informazioni precedenti, quando era all’alto commissariato antimafia, era più malleabile e serviva per frenare l’attacco della mafia allo Stato”. Questa la missione che sarebbe stata affidata a Cattafi perché “questa era una guerra che non lasciava fuori nessuno. Dove ognuno doveva fare la sua parte”. Il legale doveva arrivare al capomafia catanese per il tramite dell’avvocatore di Salvatore Cuscunà, l’uomo che proprio grazie alle dichiarazioni di Cattafi è stato arrestato da Franco Di Maggio, allora pm a Milano.
Al tavolo con Cattafi e Di Maggio si siedono anche “4-5 ufficiali del Ros”. Ma lui non ricorda i nomi, né tantomeno i loro volti: “Potrei anche dire che uno di loro era Mori, ma potrei essere condizionato da quanto appreso dopo e non me la sento di rovinare nessuno”. La verità è che il testimone ritiene di non aver la “necessaria serenità” per ricordare, a causa delle condizioni detentive (41 bis) a cui è sottoposto dalla fine dello scorso settembre.
Tornando ai fatti oggetto del processo, Cattafi racconta di aver, poi, effettivamente incontrato Salvatore Cuscunà e di aver portato il messaggio di Franco Di Maggio. Dopo il suo arresto nell’ambito dell’inchiesta “Autoparco” della procura di Firenze (ottobre 1993), l’avvocato è stato trasferito nell’area clinica del carcere milanese di San Vittore. “Di Maggio mi fa chiamare – dice il testimone – e mi dice ‘visto che vai a Milano c’è la possibilità che io ti faccia incontrare Cucscunà e facciamo quel discorso…”. E così fu. “Trovo Cuscunà nella cella sulla destra, io ero sulla sinistra, e di fronte c’era un tale Ercolano. Cuscunà mi aggredisce ma non va oltre solo perché mi vedeva in quelle condizioni. ‘Ora ti posso aiutare, ricordi il dottor Di Maggio?’ gli dico. ‘Ora è diventato il direttore del Dap e siccome l’ho sentito, mi ha detto che se tu gli fai questa cosa… “. Cattafi sostiene che dall’atteggiamento inizialmente aggressivo, Cuscunà resta invece ad ascoltare attentamente. “Gli dico che doveva portare questo messaggio, di allentare le cosa, e ci sarebbero stati benefici. Gli faccio il nome di Santapaola. Lui ascolta attentamente, poi io vengo spostato e tenuto insieme ai detenuti comuni per circa 25 giorni”.
Un altro incontro con Di Maggio, ricostruito da Cattafi, risalirebbe fra la fine del ’94 e l’inizio del ’95. Il testimone sarebbe stato chiamato nella stanza del direttore del carcere Opera di Milano e lì avrebbe visto Di Maggio. “Lui mi saluta affettuosamente ma io gli contesto che mi aveva promesso che se il processo (inchiesta Autoparco, ndr) fosse stato spostato a Milano io sarei stato messo a piede libero”. Cosa che non avvenne. “Secondo Di Maggio io avrei dovuto parlare con Ugo Martello (importante uomo d’onore di Palermo, ndr) , spiegargli la dissociazione, chiedergli di adoperarsi… ma io mi sono rifiutato. Questo non lo conosco nemmeno. Se si sa che io ho testimoniato contro Cuscunà, questo mi fa ammazzare”. In quell’occasione Cattafi avrebbe chiesto l’esito del sondaggio fatto con Cuscunà e la risposta di Di Maggio sarebbe stata: “E’ tutto a posto”. “Gli chiedo proprio per dire che mi ero comportato bene e lei, promesse, cose… ho capitato che se n’era lavato le mani”.
Il fine, secondo Cattafi, era indurre quanti più uomini d’onore alla dissociazione. “Tutti dovevano prendere le distanze da questi fatti e ciò avrebbero potuto cambiare tutto, isolando questi gruppi, se erano in cento a dissociarsi, avrebbero indebolito la mafia. A Ugo Martello avrebbero offerto benefici e gli arresti domiciliari”.
Il controinterrogatorio di Cattafi, condotto dall’avvocato Basilio Milio, punta sulle incongruenze logiche e temporali del racconto del dichiarante. E sul suo rancore nei confronti del Ros dei carabinieri, protagonista del suo ultimo arresto la scorsa estate. Secondo lui si tratterebbe di un “complotto” ordito dopo che in un libro sulla trattativa sarebbe emerso il suo ruolo e i suoi rapporti con Franco Di Maggio.
Il processo è stato rinviato al prossimo 8 gennaio in cui saranno sentiti i testimoni a riscontro chiamati dall’accusa e altri che proveranno a demolire la credibilità di Cattafi, conovocati dalla difesa. Questo potrebbe essere l’ultimo atto del processo prima della conclusione del dibattimento.
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