Regione e Comune fermi | Ma chi abbiamo eletto? - Live Sicilia

Regione e Comune fermi | Ma chi abbiamo eletto?

Non si riesce a cogliere, nei fatti, l'utilità di Ars e Consiglio comunale per l'interesse collettivo.

SEMAFORO RUSSO
di
3 min di lettura

L’Assemblea regionale siciliana e il Consiglio comunale di Palermo, ecco due organi sulla carta fondamentali, ognuno di essi con funzioni ovviamente assai differenti, di cui sempre più non si riesce a cogliere, nei fatti non in astratto, l’utilità per l’interesse collettivo; anzi, che alla fine per il loro operare (meglio, per il loro non operare o operare malissimo) si rivelano addirittura dannosi.

Dannosi lo sono sicuramente per le tasche dei contribuenti siciliani che devono sostenere con i propri soldi spese di funzionamento e laute indennità (ricche per gli inquilini dell’Ars, ragguardevoli per i consiglieri di Palazzo delle Aquile) per ottenere poi vergognosi spettacoli di inefficienza, di scarsissima produttività e di continui scontri al vetriolo tra maggioranza e opposizioni, e all’interno delle stesse maggioranze, che nulla hanno a che spartire con il bene comune. Livesicilia ha puntualmente dato notizia in questi giorni di quanto sta accadendo nel Parlamento regionale, per la verità nulla di diverso rispetto alla passata legislatura. Siamo di nuovo alle prese con un’attività scandalosamente ridottissima, con poche sedute e magari di pochi minuti, con complotti sotto traccia, imboscate, furbizie e trucchetti per tenere il governo di Nello Musumeci, nato con una maggioranza risicatissima e ormai di minoranza, sotto ricatto. In proposito rimando al lucido articolo di Salvo Toscano (“Stallo all’Ars, governo al bivio. Due strade per avere i numeri”).

Il movimento di Musumeci “Diventerà Bellissima” minaccia la crisi, ma la crisi c’è già e l’esperienza insegna che nulla lega i rappresentanti eletti negli organi collegiali ai governanti scelti direttamente dal popolo (governatore e sindaco). Sembrano due convogli staccati, marcianti su binari divergenti, guidati da logiche separate. Si pensa sia colpa dei sistemi elettorali, in realtà i numeri c’entrano di striscio e molto conta invece la scarsa qualità degli eletti, con le dovute eccezioni, sul piano della cultura politica. L’unico modo, purtroppo, per andare avanti e superare lo stallo nei lavori d’aula è periodicamente sedersi e spartire poltrone nel vasto scacchiere del potere siculo (significato papale papale dell’espressione “allargamento della maggioranza”) oppure guadagnarci l’approvazione di provvedimenti clientelari. E qualunque cambio di casacca (sport diffusissimo e largamente praticato) non avverrà certo per ragioni nobili, “aggratis”, quanto piuttosto per una convenienza personale, di corrente, di partito. Il risultato lo abbiamo dinanzi agli occhi: paralisi totale, con oltre quattro anni e mezzo di strada da percorrere, alla faccia delle mille drammatiche emergenze della Sicilia.

Solo le dimissioni del presidente della Regione, con il conseguente “tutti a casa”, potrebbe rompere il giocattolo ma probabilmente forte, ammesso che Musumeci ne sia tentato, è il timore di uno tsunami 5 Stelle.

Non va per niente meglio a Sala delle Lapidi, istituzione cittadina sulla quale possiamo formulare le medesime considerazioni sopra esposte e dove non c’è nulla di interessante da registrare, a parte passaggi da un gruppo all’altro. Anzi, basta leggere Salvo Cataldo (“Tregua maggioranza-opposizione. E il Consiglio prova a ripartire”) per capire il caos che recentemente ha regnato in quella sala dove le lapidi sembrano disperatamente ammonire inascoltati verso l’irresponsabilità di rissosi personaggi che possono vantarsi, però, di avere ricevuto parecchi voti. Da settimane assistiamo a un muro contro muro tra maggioranza (possiamo davvero usare tale termine quando sono suoi esponenti ad accendere la miccia?) e opposizioni mentre cresce a dismisura l’elenco degli argomenti urgenti da trattare (tradotto: la città e i palermitani possono aspettare). Risultato: produttività a livelli minimi, vani e non credibili richiami alla responsabilità, l’invocazione di incontri di chiarimento e di vertici con il sindaco Orlando. Insomma, il vecchio armamentario partitocratico da prima Repubblica.

In conclusione, due domande restano: quale valore, allora, ha il voto dei cittadini? Soprattutto, dal punto di vista opposto, chi abbiamo votato?


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