Uccisa per avere sbagliato un nome| "E' stata avvelenata con la candeggina" - Live Sicilia

Uccisa per avere sbagliato un nome| “E’ stata avvelenata con la candeggina”

Arrivano i primi risultati dell'autopsia di Vanessa Scialfa (nella foto). Dopo essere stata strangolata, è stata finita con uno straccio intriso di candeggina premuto sul volto. Le analisi hanno confermato che la ragazza non aveva fatto uso di alcuna sostanza stupefacente. Intanto Enna si prepara ai funerali
Il delitto Vanessa Scialfa, oggi i funerali
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Aveva vent’anni Vanessa Scialfa, capelli lunghi e una frangetta che ricordava il taglio delle dive del cinema. Sul viso l’espressione di chi ha curiosità per la vita, una vita finita troppo presto, per la follia di chi l’ha uccisa e poi scaraventata giù da un cavalcavia, vicino a quella che un tempo era una fiorente miniera di salgemma dell’Ennese e ora è un posto polveroso in una Sicilia che ormai parla di sé solo al passato. Vanessa era scomparsa martedì scorso da Enna, dove viveva insieme al suo fidanzato, Francesco Lo Presti, 34 anni. Erano stati i genitori di lei a denunciarne la scomparsa ai carabinieri. Alle 15.15 di due giorni fa si erano recati in caserma dopo aver parlato con il fidanzato della figlia, il quale aveva detto loro che Vanessa era uscita per un appuntamento di lavoro e aveva confusamente riferito di una lite avvenuta poco prima.

Adesso Lo Presti è stato fermato, dopo un lungo interrogatorio in questura, e su di lui pesano tutti i sospetti. I primi risultati dell’indagine portano a ipotizzare che la ragazza sia stata strangolata in casa; poi il corpo è stato avvolto in un lenzuolo e lanciato giù dal cavalcavia. Notizie che arrivano all’orecchio del padre di Vanessa, Giovanni, distrutto dal dolore, mentre si trova all’obitorio del cimitero, dove ha dovuto compiere il triste rito del riconoscimento del cadavere. “Non lo devono arrestare – grida – perché poi ci penserò io, con le mie mani… Lo avevo accolto in famiglia perché pensavo che fosse un bravo ragazzo, ma come si fa a uccidere per un futile litigio”. Vanessa e Francesco vivevano in una casa di via Filippo Gallina, in una zona periferica vicino al Castello di Lombardia, di cui il padre della ragazza, un geometra, era custode e col suo stipendio mandava avanti una famiglia con sei figli, tre dei quali avuti dal secondo matrimonio. Dopo la scomparsa di Vanessa, su facebook erano sorti cinque gruppi per il suo ritrovamento, a cui si erano iscritte tremila persone. “Vi prego di diramare questa foto – aveva scritto il padre agli “amici” del social network – è mia figlia, non abbiamo notizie da martedì 24 aprile”. Dopo la scomparsa nessuno aveva pensato all’omicidio, sembrava un allontanamento volontario, ma oggi la situazione è precipitata. Nonostante il riserbo di investigatori e inquirenti, qualcosa trapela: Lo Presti – interrogato alla presenza del suo avvocato – sarebbe presto crollato davanti all’incalzare delle domande e la versione del litigio e dell’allontanamento della ragazza non ha retto a lungo. Da quanto si apprende, proprio lui avrebbe condotto le forze dell’ordine sul luogo in cui è stato ritrovato il corpo di Vanessa, avvolto in un lenzuolo. Intanto, la città è sgomenta. Nel Comune capoluogo di provincia, ma che conta poco meno di 30 mila abitanti, tutti conoscevano Vanessa. Il sindaco, Paolo Garofalo, non ha parole: “E’ terribile quello che è accaduto – dice -. Nessuno ridarà la vita a Vanessa, ma il Comune intende fare tutto ciò che potrà per i suoi familiari”.

Ha tentato il suicidio
Dopo avere commesso il delitto Francesco Lo Presti avrebbe valutato l’ipotesi di suicidarsi, ma lontano da Enna, probabilmente a Catania. E’ quanto emerge dalle otto pagine del fermo disposto dalla Procura.

Il motivo della violenza
Lo avrebbe chiamato col nome del suo ex fidanzato in un momento di intimità. Sarebbe stata questa la molla della violenta gelosia che ha spinto Francesco Lo Presti a uccidere la sua fidanzata nella loro abitazione di Enna. E’ quanto si apprende da fonti investigative. Secondo questa ricostruzione, dopo la lite la ragazza stava per uscire di casa, ma l’uomo l’avrebbe strangolata con un cavo elettrico e poi soffocata con un fazzoletto. La Procura avrebbe disposto accertamenti tossicologici su vittima e fermato per verificare l’eventuale assunzione di stupefacenti o sostanze alcoliche.

Il raptus sotto l’effetto della cocaina
Avrebbe agito sotto l’effetto della cocaina e per gelosia. E’ quanto sostenuto da Francesco Lo Presti nella sua confessione alla polizia e nella ricostruzione dell’uccisione della sua giovane fidanzata, Valentina Scialfa. E’ quanto si apprende da fonti investigative. A fornire la ricostruzione della dinamica del delitto è lo stesso Lo Presti che alla polizia ha fatto ampie ammissioni di colpa, spiegando di avere agito per motivi passionali. A scatenare la violenza dell’uomo sarebbe stato il sentirsi chiamare, nell’intimità, Alessandro, il nome dell’ex della sua giovane convivente. La lite tra lui e Vanessa sarebbe degenerata, tanto che la ventenne aveva deciso di andare via dalla casa dell’uomo dove si era trasferita da tre mesi. Francesco Lo Presti, che ha spiegato di avere assunto della cocaina prima del delitto, ha sostenuto di avere agito colto da un raptus dopo avere visto che la ventenne stava raccogliendo i suoi vestiti, probabilmente per andare via. Così, utilizzando i cavi che connettono il lettore Dvd al televisore, l’ha aggredita alle spalle e, dopo averle annodato i fili attorno al collo, l’ha sollevata di peso, scaraventandola sul letto. Ha continuato a serrare il nodo fino a quando la vittima non è morta. Subito dopo ha avvolto il corpo senza vita di Valentina in un lenzuolo grigio, bloccandolo con dei nodi, e ha messo il cadavere nel portabagagli della sua auto. Si è recato un una zona isolata, nei pressi dell’ex miniera abbandonata di Pasquasia, e l’ha lanciato da un cavalcavia. Francesco Lo Presti è quindi tornato a casa per pulire l’abitazione e nascondere le tracce dell’omicidio. Poi ha lanciato l’allarme scomparsa con i familiari della ventenne: Vanesse è sparita, ha detto loro, è uscita ma non è più tornata a casa e ha collaborato alle ricerche. Poi il crollo davanti alla polizia, con la confessione e il ritrovamento del corpo avvenuta dopo le sue ammissioni di colpa.

AGGIORNAMENTO
Oltre alla piena confessione ci sono anche i rilievi del Ris a inchiodare l’assassino di Vanessa Scialfa, la giovane di 20 anni strangolata dal convivente Francesco Lo presti, di 34 anni. Il sostituto procuratore di Enna Augusto Rio ha conferito stamani l’incarico al medico legale Cataldo Raffino che dovra’ eseguire l’autopsia sul corpo della giovane. A coadiuvare le operazioni anche il medico legale della polizia Letizia Galtieri. Intanto i Ris di Messina hanno concluso i rilievi nell’appartamento dove si e’ consumato l’omicidio, in Via Filippo Gallina a pochi passi dal Castello di Lombardia. I militari hanno trovato tracce di sangue probabilmente fuoriuscito dal naso della vittima dopo la strangolamento. Lo Presti aveva tentato di cancellare tutto con della varechina ma il luminol ha rivelato la presenza di tracce ematiche.

Arrivano i risultati dell’autopsia. La ragazza, dopo essere stata strangolata, è stata finita con uno straccio intriso di candeggina premuto sul volto. Tracce di sostanze caustica sono state ritrovate nell’esofago e nella trachea. Gli esami hanno inoltre confermato che la giovane non aveva assunto alcun tipo di droga, al contrario del suo compagno che ha ammesso l’uso di cocaina. Intanto oggi Enna si prepara ai funerali di Vanessa.


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