Serena, giovane medico in corsia: "Stare lontani, l'atto d'amore più grande"

Serena, giovane medico in corsia: stare lontani, l’atto d’amore più grande

Anestesista rianimatore all'ospedale di Marsala, racconta così la sua esperienza
CORONAVIRUS
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MARSALA (TRAPANI) – “Io non sapevo che uno scafandro potesse proiettarti in un mondo parallelo, fatto di silenzi, sofferenza e solitudine. Io non sapevo che gli occhi potessero parlare più di mille parole, e si potesse sorridere con lo sguardo. Non sapevo quanto si potesse sudare dentro una tuta bianca, e quanto una mascherina potesse farti del male al viso. Non sapevo quanto difficile fosse controllare il ritmo del respiro, mantenere la calma e muoverti lentamente. Non sapevo che la medicina e i tanti anni di studio non mi avessero insegnato la ‘medicina del cuore’. Non sapevo che ci si può affezionare ai pazienti, diventano un po’ tuoi parenti e cominci a chiamarli per nome”. Inizia così un post Facebook di un giovane medico in forza all’ospedale ‘Paolo Borsellino’ di Marsala, Serena Drago, anestesista-rianimatore. Assunta nel settembre 2018, oggi è in prima linea nella lotta al coronavirus nell’ospedale trapanese che ha accolto pazienti Covid anche da altre province siciliane.

Nel suo post, firmato “dal cuore di un giovane rianimatore”, Drago ricorda che restare lontani dalle propri cari e dagli amici in questo momento “è l’atto d’amore più grande” che si possa fare e poi prosegue: “Non sapevo che ogni piccolo nostro successo potesse risollevare gli umori di un intero gruppo di professionisti che intensamente lavorano, sudano e mai si fermano – si legge ancora -. Non sapevo quanto il lavoro di squadra potesse essere oggi più che mai fondamentale, tutti con un unico obiettivo, ‘salvare vite’. Non sapevo quanta felicità può dare lo scrivere e firmare una lettera di dimissione. Non sapevo quanto potesse essere difficile trattenere le lacrime nel comunicare notizie che di buono hanno poco. Non sapevo quanto potesse essere difficile intubare pazienti perfettamente lucidi, e informarli di tale procedura. Loro che nonostante tutto continuano a ringraziarti e ti chiedono di fare un’ultima telefonata alla famiglia, mentre tu speri con tutto il tuo cuore di poterli risvegliare presto”.

E infine: “Non sapevo che le mie mani potessero stringere così forte le loro, come una nipote, una figlia o un’amica può fare. Non sapevo che ad ogni videochiamata con i parenti, dopo un’estubazione, potesse essere festa per tutti. Conosci le loro famiglie, le loro storie che diventano un po’ le nostre. Non sapevo che si potesse stare lontani dalle proprie famiglie e dagli amici per così tanto tempo, e sentire il loro amore nonostante tutto. Non sapevo quanto potesse essere così importante restare lontani da loro e proteggerli, l’atto d’amore più grande che possiamo. Non sapevo che potessimo trascorrere un Natale così buio. Tante cose non conosco ancora, ma di una cosa sono certa… Noi ne usciremo diversi, cambiati e probabilmente medici migliori”.
(DIRE)


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