Sicilia, malaburocrazia e milioni in fumo: 'Pnrr, cosa è successo' - Live Sicilia

Sicilia, malaburocrazia e milioni in fumo: ‘Pnrr, cosa è successo’

Massimo Gàrgano, direttore generale di Anbi, a tutto campo.
L'INTERVISTA
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4 min di lettura

Malaburocrazia, improvvisazione e milioni in fumo: l’ipotesi più plausibile per spiegare il grande spreco di risorse del Pnrr da parte dell’agricoltura siciliana, segnatamente della disastrata gestione delle sue risorse irrigue. Insomma, che abbia fatto acqua come un colabrodo, la gestione tecnico-burocratica delle trentuno istanze e delle altrettante opportunità milionarie perse con il diniego dei fondi del Pnrr, è battuta facile. Da Roma, Massimo Gàrgano, direttore generale di Anbi, Associazione nazionale bonifiche, irrigazioni e miglioramenti fondiari, cioè l’organismo che rappresenta e tutela in tutta Italia i consorzi irrigui che sono i grandi sconfitti con l’en plein di progetti bocciati, sottolinea con amarezza “l’enorme opportunità persa”. Però con disamina chirurgica ne indica la causa: “Bisognava rispettare ventitrè requisiti sui quali eravamo tutti d’accordo, compresa la Regione Siciliana che li ha votati e approvati in Conferenza Stato-Regioni. Ebbene, quei criteri in Sicilia non sono stati rispettati e le istanze sono state inoltrate alla piattaforma telematica senza possibilità di scampo. E no, qui la politica non c’entra”.

Che cosa è successo? Sono pesati annose carenze infrastrutturali o errori tecnici?

“Devo risponderle non tanto con mie proprie valutazioni, piuttosto con la descrizione pedissequa di procedure inderogabili, ma non abbastanza, evidentemente, in Sicilia o in Puglia, altra regione letteralmente tagliata fuori dai fondi per l’efficientamento irriguo. Nell’impostazione e nell’inoltro delle istanze non sono stati rispettati protocolli ampiamente discussi, approvati e condivisi. Da un certo punto di vista la cosa desta stupore, dall’altra profonda amarezza per la chance gettata al vento”.

Tanti soldi, in una regione come la Sicilia che di efficienza avrebbe bisogno, stando ai dati che avete appena pubblicato (fonte Dipartimento regionale Autorità di Bacino Distretto Idrografico Sicilia) che le attribuiscono perdite di risorse per oltre 5 milioni di metri cubi fra agosto e settembre e un deficit di circa un milione di metri cubi sul 2020, già secco di suo… 

“Eccole i numeri: i fondi destinati ai consorzi irrigui hanno come destinazioni il miglioramento dell’efficienza delle pratiche irrigue, la riduzione dei costi e l’incremento della redditività delle imprese. Sono stati presentati in Italia progetti esecutivi avanzati per 1 miliardo e 682 milioni di euro, dei quali alcuni per circa cento milioni di euro sono stati ritenuti rivedibili a breve per risolvere alcune criticità. E poi ci sono i progetti stroncati senza appello, fra i quali quelli siciliani”.

Perché?

“Presto detto: sono stati ignorati protocolli e criteri pacificamente condivisi, anche dalla Sicilia. Il Ministero ha coinvolto per la loro definizione tutti gli enti proponenti, cioè i Consorzi di bonifica, le Autorità di distretto, le Regioni e le Province autonome. I requisiti sono stati addirittura approvati con due decreti ministeriali a giugno e luglio, e poi hanno incontrato l’ok della Conferenza Stato-Regioni. Le istanze sono state inserite nella piattaforma telematica Dania, come deciso unanimemente dalle stesse Regioni. Bene, pare che Sicilia nell’inserimento dei dati abbia sbagliato, se non tutto, moltissimo, sulle prove del rispetto dei ventitrè famosi criteri”.

E il Sud frustrato a vantaggio del Centro-Nord? E le accuse al ministro Patuanelli da parte dell’esecutivo regionale?

“Ripeto: la politica non c’entra nulla, non può materialmente entrarci, è la macchina che seleziona, non l’uomo né tantomeno il ministro, che non ha a questo proposito alcun titolo o potere di intervento. Resta il fatto, penoso per tutti, che si è persa una grande, una immensa opportunità”.

Dunque nessun problema strutturale irrisolvibile: colpa dei burocrati?

“Non è utile né forse possibile parlare di questo, non serve. Diciamo piuttosto, ancora e a gran voce, che non ci si può attendere il miracolo o anche soltanto una visione progettuale da enti sottoposti a gestione commissariale da oltre trent’anni. Strategia e commissariamento sono due termini antitetici, i commissari fanno il proprio dovere, che è proprio il garantire la gestione ordinaria. Non dipende da loro se manca totalmente la governance e la prospettiva strategica”.

Come se ne esce, dopo questa batosta epocale delle possibilità di investimento in Sicilia?

“Innanzitutto, bandendo definitivamente il ricorso alla gestione commissariale. Non è solo una mia opinione personale, c’è una recente indagine conoscitiva conclusa in Senato nel dicembre del 2020 che invoca la fine di questo fenomeno del quale si è fatto abuso, soprattutto nel Centro-Sud. L’altra Regione duramente colpita dall’esclusione dall’accesso ai fondi è, insieme con la Sicilia, la Puglia. Non credo sia un caso”. 


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