L’Italia è il Paese europeo con il più alto numero di cittadini insulari; la modifica all’art.119 prende atto di questa condizione, tenendo in debito conto i ritardi e i vuoti accumulati nel processo attuativo della riforma del Titolo V della Costituzione, specialmente in materia di perequazione infrastrutturale.
Seppure non vengano introdotte regole cogenti, ripartizioni fisse, quantità garantite, il principio d’insularità, per quanto impalpabile, diventa un parametro generico di qualità tuttavia vincolante per ogni disposizione normativa e per i conseguenti interventi amministrativi.
La costituzionalizzazione di tale principio ribadisce il principio di maggiore tutela di eguaglianza tra i cittadini e postula azioni di riequilibrio sociale e di valorizzazione delle specificità.
D’altra parte lo sviluppo sostenibile delle isole è essenziale per il nostro paese e per l’Europa stessa, chiamati adesso a realizzare una generale strategia sull’insularità.
Gli svantaggi che ne derivano hanno, infatti, un costo che si riflette sull’intero sistema che si deve pensare integrato e, per questo, servono adeguati interventi finanziari proporzionali alla gravità del divario sofferto per offrire alle isole opportunità di sviluppo che siano comparabili con quelle date a tutti gli altri territori europei.
La condizione di svantaggio strutturale rende, infatti, immediatamente più acuti, per molti territori insulari, i problemi posti dagli effetti della pandemia da Covid e dall’attuale grave crisi economica e finanziaria. Oltre alle soluzioni strutturali sono, pertanto, necessarie misure straordinarie, anche di tipo transitorio, per “accompagnare” fuori dalla crisi i territori con svantaggi permanenti e per rilanciarne la crescita.
Si tratta di pianificare coerenti interventi che devono essere pensati all’interno del più generale contesto delle politiche di coesione territoriale e sociale da adottare di concerto con gli organismi europei, per la riduzione dei divari tra le regioni a differente livello di sviluppo.
Un approccio metodologico e insieme politico che si basa sull’assunto che l’integrazione economica deve essere governata da politiche attente ed equilibrate, per evitare il fallimento e un impatto negativo che ricadrebbe non solo sul sistema paese ma, soprattutto, sulle regioni periferiche.
L’art.119 apre alle scelte coraggiose di un’adeguata governance di processo, a politiche di coesione e di inclusione tali da sostenere e indirizzare gli aggiustamenti strutturali per diminuire divari e svantaggi nell’ottica diriequilibrare lo sviluppo nazionale.
Anche perchè, ad oggi, sono proprio le aree insulari che risentono in modo accentuato della cosiddetta “trappola dello sviluppo” quale conseguenza della iperconcentrazione degli investimenti nelle regioni più sviluppate che ha determinatomigrazione interna e il conseguente impoverimento di quelle più periferiche.
Si tratta di un compito squisitamente politico.
Di quella politica fatta da uomini capaci e competenti in grado di progettare e programmare nel medio e lungo periodo, di fare sistema tra le forze sociali e economiche, di attuare gli investimenti, di determinare le necessarie condizioni abilitanti dello sviluppo puntando sulla formazione, l’innovazione, il miglioramento della qualità dei servizi e delle amministrazioni locali. Requisito, quest’ultimo, fondamentale per far fronte al deficit di qualità della “governance” che, come nel lontano e nel recente passato, rischia ancora oggi di compromettere il raggiungimento degli obiettivi di tutte le politiche di coesione e di sviluppo e la realizzazione di quanto si auspica con la modifica dell’art.119 della Costituzione.
Su questi temi, in un incontro promosso dall’Associazione Innovazione per l’Italia, si confronteranno domani a Villa Zito, a Palermo, giuristi, economisti, esperti, parlamentari regionali, nazionali ed europei, alla presenza del Presidente della Commissione per lo Sviluppo regionale del Parlamento europeo, Younous Omarjee.