Leonforte. Sirene spiegate questa mattina a Leonforte per l’arresto di due presunti usurai da parte della Tenenza di Nicosia della Guardia di Finanza, coordinata dal Comando provinciale di Enna. Le Fiamme Gialle hanno stretto le manette ai polsi di due fratelli nell’ambito di un’inchiesta su un vasto giro di usura, riciclaggio e utilizzo di fatture false. I due, approfittando anche delle difficoltà economiche causate dall’emergenza Covid-19, si sarebbero offerti di prestare denaro a imprenditori locali in grave crisi di liquidità. Entrambi sono stati posti agli arresti domiciliari su ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip di Enna, al termine di un’indagine coordinata dalla Procura, diretta da Massimo Palmeri. Avrebbero prestato soldi con tassi altissimi.
Operazione “Full Controll”
Si è chiusa così l’operazione “Full Controll”. Ai due arrestati sono stati contestualmente sequestrati beni e denaro per circa 400 mila euro. Sono complessivamente venti le persone a vario titolo indagate per usura, estorsione, autoriciclaggio, trasferimento fraudolento di valori, emissione di fatture false e dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di fatture per operazioni inesistenti.
Le indagini
Decisiva si è rivelata la collaborazione fornita dalle vittime degli usurai. I due, in particolare, sarebbero stati soliti erogare prestiti di denaro agli imprenditori in gravi difficoltà economiche, aggravate oltremodo dalla crisi pandemica, ottenendo in cambio la promessa o la dazione di interessi usurari, fino a giungere, in alcuni casi, ad appropriarsi delle loro aziende. Dalle indagini, avviate a seguito delle dichiarazioni rese da alcune delle vittime, è infatti emerso che i due arrestati, una volta concesso il prestito e obbligata la vittima al pagamento mensile degli interessi, sempre superiori al limite massimo fissato dalla legge, dunque al cosiddetto tasso-soglia, dinanzi alle prime difficoltà manifestate dagli imprenditori nei versamenti periodici, li avrebbero costretti a cedere, a titolo di garanzia, le proprie quote societarie, talvolta in modo occulto altre volte attraverso la loro formale acquisizione, accompagnata tuttavia da pagamenti fittizi.
Concessione del prestito
In altri casi, sin dall’origine la concessione del prestito sarebbe stata subordinata all’acquisizione delle quote societarie a titolo di garanzia ed alla conseguente pretesa, per la restituzione del prestito e degli interessi, di una parte dei ricavi aziendali. In seguito, se le attività o i ricavi delle aziende non si rivelavano sufficienti a garantire il pagamento degli interessi e la restituzione del capitale, veniva richiesto alle vittime, quale garanzia aggiuntiva, il rilascio di cambiali firmate “in bianco”, con l’intento in tal modo di prolungare il più possibile, anche con violenza e minacce, l’attività usuraria che gli arrestati avrebbero compiuto.
Le investigazioni svolte dagli uomini del colonnello Alessandro Luchini, comandante provinciale della Guardia di Finanza, attraverso accurati accertamenti bancari, hanno consentito di ricostruire prestiti concessi ad un tasso di interesse che in alcuni casi avrebbe raggiunto il 200 per cento annuo, nonché di quantificare il profitto derivante dai reati contestati, pari a circa 400 mila euro, che ha portato a disporre il sequestro per equivalente di beni e denaro riconducibili agli indagati per un valore di pari importo.
L’inchiesta
L’inchiesta è ancora nella fase delle indagini preliminari e, pertanto, è necessario – sottolineano i finanzieri nella loro nota – tenere conto della presunzione di non colpevolezza degli indagati sino al giudizio definitivo, ragion per cui è stata autorizzata la diffusione della notizia ma non la divulgazione dei nomi degli arrestati, che comunque a Leonforte circolano da ore (anche se manca, ovviamente, la conferma alle voci di paese).