E figurarsi se lo spettro di Matteo Messina Denaro non doveva stagliarsi sulle acque maleodoranti dell’ennesima inchiesta, legata al settore eolico, che vede coinvolti politici, burocrati e imprenditori o sedicenti tali. Un’indagine che svela una fitta rete di congreghe assai inquinate, stando alle accuse dei magistrati, da Roma a Palermo passando per Trapani.
Un’indagine che tocca i santuari pagani del potere e del dio denaro – vedi che novità! – romani e siciliani. Non interessa qui fare la cronaca, egregiamente raccontata da Livesicilia con i suoi dettagliati articoli, interessa andare oltre i penosi resoconti giudiziari.
Messina Denaro, la neo primula rossa di cui da anni si annuncia (incredibilmente e vanamente) la cattura imminente, pare goda di appoggi diffusi e a vario livello (qualcuno ne dubitava?). Niente di nuovo sotto il cielo, è accaduto con boss mafiosi del passato, a cominciare dal capo dei capi Totò Riina recentemente scomparso latitante per decenni. Non si può rimanere alla macchia così a lungo senza coperture nei salotti grigi e omertosi frequentati da colletti bianchi collusi e pubblici ufficiali infedeli, insufficienti sarebbero allo scopo le complicità familiari e dei sodali nel territorio d’origine.
Piuttosto, è la conferma, a dispetto di chi ancora non ci crede, di un perdurante scellerato patto, con contorni ovviamente differenti, tra Cosa Nostra, soggetti delle istituzioni, dell’impresa e della cosiddetta “società civile” che ha condotto alle “trattative” prima, durante e dopo la terribile stagione delle stragi mafiose.
Lo dicono le inchieste in corso, migliaia di pagine processuali e, finalmente, una sentenza seppure di primo grado. La domanda, adesso, è però diversa e riguarda la dimensione etica nella gestione della cosa pubblica, in Italia e particolarmente in Sicilia, palesemente massacrata da una radicata attività corrotta e corruttiva che non sembra risparmiare alcun ambiente.
Non possiamo e non vogliamo entrare nell’azione costante di contrasto di pubblici ministeri e di giustizia dei giudici, basta leggere i giornali per rendersi conto dell’esistenza di un’immensa questione morale che sta travolgendo il governo giallo-verde a Roma – dilaniato in queste ore dagli scontri tra Di Maio e Salvini intorno alla vicenda del sottosegretario leghista Armando Siri indagato per corruzione nell’affare eolico e alle presunte pressioni della sindaca Virginia Raggi tese a falsificare i bilanci dell’azienda romana dei rifiuti – e colpendo ripetutamente la giunta siciliana guidata da Nello Musumeci – alle prese con l’ennesima chiamata in causa da parte di Procure della Repubblica di politici e burocrati siciliani (l’ultima connessa al rilascio di autorizzazioni nell’ambito dell’energia alternativa condite di presunte mazzette).
Al di là dei profili penali, rigorosamente personali e da accertare, ci si chiede come sia possibile che personaggi di indubbio peso in forza di rapporti altolocati ma anche di dubbia affidabilità riescano a ottenere corsie preferenziali per accedere alle stanze dei bottoni.
Non si comprende perché un assessore o un burocrate di rango debba ricevere oscuri (e noti) faccendieri solo perché potenti o segnalati da potenti, e ciò a prescindere dalla commissione o meno di reati. E’ un vizio antico, segno di una mentalità malata, di una subcultura del favore ben sfruttata dalle organizzazioni criminali aduse a infiltrarsi nel tessuto sano dell’economia per infettarlo, di poca autorevolezza e di permeabilità della pubblica amministrazione nonostante la stragrande maggioranza dei suoi funzionari sia onesta, della sua eccessiva subalternità alla politica e delle purulenti aderenze tra politica e burocrazia finalizzate alla formazione di cerchi magici e costruzione di carriere che nulla hanno a che fare con il bene collettivo.
Che autorevolezza possono vantare le istituzioni e i corpi sociali intermedi – governo, parlamenti, alta burocrazia, partiti, sindacati, associazioni di categoria – se non si cerca di evitare a monte il meccanismo perverso escogitato a vantaggio di lobby affaristiche e scambi elettorali? E quando scoperti non si provvede all’immediata estirpazione del cancro e delle sue metastasi?