I ‘vecchi’ Santapaola e i nuovi capi, tra status symbol e bella vita

I ‘vecchi’ Santapaola e i nuovi capi, tra status symbol e bella vita

I riscontri della Dia

CATANIA – Da un lato i vecchi ‘padrini’, le loro regole, i vincoli di sangue, le affiliazioni. Dall’altro i nuovi capi: irruenti, “avvezzi all’esibizione di status symbol sui social e alla vita gaudente”. Dall’ultima relazione della Dia al Parlamento emerge una situazione ai limiti della faida mafiosa, all’ombra dell’Etna. Ma non scoppia nessuna guerra, nonostante distanze incolmabili tra i vari gruppi mafiosi.

E questo perché “il panorama criminale catanese evidenzia come gli equilibri associativi dei sodalizi sembrano essersi assestati su una forma di coesistenza tra le famiglie di cosa nostra e le altre aggregazioni mafiose”. I più rampanti, i meno avvezzi alle regole, sembrano i Cappello.

I Mazzei ormai operano a Catania

Ma ci sono tanti gruppi a comandare a Catania. I Santapaola, in pratica, contano sempre tantissimo ma sono costretti a mettere in campo tutta la loro capacità di resistenza. Nel capoluogo catanese, in pratica, nell’ultimo periodo si sarebbero messi a operare pure i Mazzei. E non è stato certo un ‘ingresso’ scontato.

“A Caltagirone, è presente la famiglia La Rocca, che estende la sua opera attività nel comprensorio definito Calatino-Sud Simeto”, si legge ancora nella relazione. La Dia fa riferimento all’area “che si estende dall’abitato di Caltagirone verso i confini delle province di Enna, Siracusa, Caltanissetta e Ragusa; mentre a Ramacca si registra l’operatività dell’omonima famiglia”.

Le altre famiglie e la distanza con Palermo

“A queste – prosegue la relazione – si aggiunge la presenza degli storici clan Cappello-Bonaccorsi, Laudani, Pillera-Di Mauro, Cursoti, Piacenti cd “Ceusi” e Nicotra che, seppur organizzati alla stregua di cosa nostra, risultano da essa ben distinti”. 

“La presenza di differenti organizzazioni sembrerebbe dunque funzionale sia alla realizzazione di disegni criminali spesso convergenti – sottolineano gli investigatori – che a condizionare le dinamiche territoriali attraverso l’infiltrazione negli Enti pubblici, al fine di ottenerne una gestione “indiretta” ovvero per esercitare un “potere occulto” nella conduzione di eventuali gare d’appalto per la realizzazione di opere pubbliche”.

Una mafia “spiccatamente affaristica”

I tratti distintivi della mafia catanese sarebbero “resilienza e fluidità strutturale”. “Ben distante dai rigidi schemi di quella palermitana – spiega la Dia conserva il suo carattere spiccatamente affaristico e dinamico alternando, a seconda dei periodi storici, una strategia di tendenziale non belligeranza a momenti di frizione e di possibili scontri”. 

Accade però che a questo status quo si alternino “momenti di importanti contrapposizioni, come è emerso dagli esiti di una recente indagine conclusa nel corso del 2023”. Anche nell’operazione Ombra, da cui è emerso il uovo presunto capomafia provinciale, emergerebbe la propensione all’uso della forza come strumento di potere.


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI